A NATALE PUOI ……….
Si è appena concluso il periodo dell’anno più importante dal punto di vista affettivo e commerciale.
Perché il Natale è la festività che, nella nostra cultura e tradizione, riunisce le famiglie ed è il periodo dell’anno in cui si immette più denaro nel sistema economico, ossia si spende di più.
Quest’anno è stato diverso, anche per chi è riuscito/a, nonostante il DPCM arrivato poco prima della vigilia, a trascorrere le feste con i parenti vicini e lontani. Perché è stata la prima festività natalizia trascorsa con le restrizioni, cioè senza potersi muovere liberamente. Inoltre, la pandemia ha portato con sé oltre ai numerosi decessi anche una grande crisi economica.
Il Natale e le altre festività sono state evidentemente sotto tono. Non solo per le limitazioni agli spostamenti ma perché siamo stati costretti a modificare le nostre abitudini: niente pizzata con i cugini il 26 dicembre o l’aperitivo al mare con amici il primo giorno dell’anno! E le abbiamo trascorse diversamente: chi avrebbe mai immaginato di fare una videochiamata con i genitori o i suoceri per darsi gli auguri a mezzanotte? O aspettare l’arrivo del nuovo anno affacciati ad un balcone a guardare, i non autorizzati, fuochi d’artificio? Mi è sembrato che anche le foto, che immortalano immancabilmente momenti importanti della nostra vita, siano state di numero inferiore: io personalmente ne ho fatte pochissime e ne ho inviate altrettante. Eravamo tutt* un po’ giù: le immagini di ciò che stava, e sta accadendo, nel mondo a causa del Coronavirus e delle sue varianti sono davanti agli occhi di ognuno di noi. Ed ancora la crisi economica, la contrazione dei consumi, gli strumenti statali e regionali che in maniera affannosa e poco organizzata vengono proposti per cercare di limitare i danni e tutti gli altri argomenti che capeggiano quotidianamente nei nostri canali di informazione. Elementi tutti che inevitabilmente hanno influito, ed influiscono, sul nostro umore e sulla nostra voglia di festeggiare.
Eppure, nonostante tutto, a Natale puoi …. fare quello che non puoi fare mai: dice una nota canzone, che ogni anno sentiamo alla radio e alla tv.
Anche quest’anno non sono mancate le innumerevoli iniziative benefiche: dalla realizzazione di cesti e piccoli doni per raccogliere fondi per associazioni con finalità sociali ai calendari per sostenere nuovi disoccupati. Come quello dei lavoratori della multinazionale Whirlpool con sede a Napoli. Il calendario dal titolo “Sulla nostra pelle”, riporta le immagini a mezzo busto nudo di giovani e meno giovani ex lavoratori, che hanno così voluto tenere alta l’attenzione sulla loro vertenza. I profitti della vendita saranno destinati al “Fondo di resistenza dei dipendenti Whirlpool Napoli”.
E nel periodo di Natale proliferano innumerevoli iniziative benefiche promosse e/o sponsorizzate anche dai cosiddetti VIP (very important people), che ci propongono donazioni temporanee o permanenti per sostenere specifiche cause.
Da 23 anni a questa parte è attiva una iniziativa, tutta sarda, denominata il “Miracolo di Natale”, ideata da un noto showman di un’emittente locale, Gennaro Longobardi. Eravamo abituati a vedere la lunga scalinata della Basilica di Nostra Signora di Bonaria a Cagliari ricoperta, letteralmente, dalle buste di spesa, generosamente consegnate per la raccolta di generi di prima necessità per i più bisognosi. Iniziativa che si è estesa, di anno in anno, a diversi Comuni dell’Isola. Pare che con le restrizioni non sia stato possibile realizzare il Miracolo nella suddetta scalinata, ma siano stati raccolti generi di prima necessità oltrepassando i quantitativi delle precedenti edizioni. La pandemia ha purtroppo prodotto nuove povertà e quei beni troveranno molto velocemente una loro collocazione.
L’ottimo risultato raggiunto denota il forte spirito solidaristico. All’iniziativa partecipano privati cittadini ma anche associazioni e scuole. E’ la raccolta di gruppo ha, a mio avviso, un forte valore simbolico.
Pensate a quanto sarebbe un bel insegnamento se ogni classe di ogni scuola all’inizio dell’anno avesse un obiettivo di questo tipo. Per esempio se si decidesse di acquistare una bicicletta da donare ad una casa famiglia per un loro coetaneo che non ha la disponibilità finanziaria. Quanto sarebbe istruttivo portare i bambini a fare scelte del tipo: rinuncio al gelato che compro all’uscita di scuola e quei soldi li metto nel salvadanaio per la bicicletta di quel bambino …… Nessun testo scolastico sarebbe mai in grado di trasmettere un segnale così importante. Nessuna lezione e nessun insegnante! Quel gesto, quella rinuncia creerebbero un tassello formativo unico e irripetibile.
La solidarietà dovrebbe essere una materia oggetto di studio in tutte le scuole, in pratica e non in teoria. Una solidarietà che si manifesti giorno per giorno e che diventi parte del nostro vivere quotidiano.
La beneficienza e il volontariato, per nostra fortuna, vanno oltre questo limitato periodo dell’anno. Lo dimostrano i numerosi appelli di SAVE THE CHILDREN o TELETHON per la ricerca sulle malattie rare. Ed anche le crescenti iniziative promosse tramite i social come un caffè sospeso o la spesa sospesa …. per aiutare in maniera discreta ma costante i più bisognosi.
In realtà penso che, ognuno a suo modo e in base alla sua disponibilità non solamente finanziaria, svolga tutto l’anno attività di volontariato. E’ attività gratuita e “volontaria” l’accudimento della famiglia, dei minori, degli anziani e dei disabili. Ma anche quando aiutiamo la vicina di casa nel disbrigo di una faccenda, per esempio il pagamento di una bolletta, o quando diamo un nostro contributo a chi ci trova un parcheggio in prossimità di un ospedale: esempi di volontariato e di solidarietà.
Ed è su questi gesti che la nostra società si basa per poter vivere e sopravvivere. Ci sono tante, tantissime persone che mettono a disposizione il proprio tempo per il prossimo: facendo attività di volontariato negli ospedali o nelle ambulanze.
I servizi di pronto intervento, per esempio, si basano prevalentemente sul lavoro di tanti volontari che decidono di destinare le loro energie e il loro tempo al prossimo. E pensiamo a quanto possano essere importanti per il nostro welfare queste attività svolte gratuitamente. Quanto risparmio per le casse dello Stato! Quindi il volontariato fa bene al cuore ma permette anche un notevole risparmio pubblico.
Spesso (forse troppo spesso) siamo chiamati, come cittadini, a contribuire economicamente alle carenze pubbliche e non solamente quando si verificano eventi inaspettati come alluvioni, terremoti e in questi mesi la pandemia.
Il nostro contributo è richiesto costantemente, perché ahimè, queste situazioni impreviste e imprevedibili si verificano sempre più di frequente.
In questi mesi ci hanno chiesto di contribuire, con le donazioni, per supportare le strutture ospedaliere pubbliche. Per acquistare attrezzature, servizi e più in generale per migliorare le attività di cura e assistenza, come per esempio incrementare i posti per la terapia intensiva. La mia domanda è: non dovrebbe, lo Stato, accollarsi questi oneri? Non è il motivo per cui paghiamo le tasse? Non sono sufficienti o le stesse sono mal distribuite?
E se i volontari decidessero di rinunciare al loro impegno? Per esempio se improvvisamente non ci fossero più volontari soccorritori, barellieri, autisti, ecc. Come si porrebbe velocemente rimedio?
E’ vero che la costituzione italiana agli articoli 2 e 3 prevede il dovere di solidarietà, sia da parte delle comunità (e quindi dei singoli cittadini) che delle pubbliche amministrazioni. Un bel modo di motivare al volontariato è il servizio civile universale, in cui dietro un rimborso spese mensile, i giovani tra i 18 e i 28 anni, possono dedicare alcuni mesi della propria vita al servizio di difesa, non armata e non violenta, della Patria, all’educazione, alla pace tra i popoli e alla promozione dei valori fondativi della Repubblica italiana, attraverso azioni per le comunità e per il territorio.
E’ un buon strumento per avvicinare le nuove generazioni al sociale.
Quindi la solidarietà deve essere alla base delle relazioni sociali ma quando il volontariato sopperisce interamente alle carenze dello Stato mi sembra eccessivo.
Mi sembra bello, giusto e dignitoso che in un contesto lavorativo, per esempio, si decida di erogare una quota da destinare ad una attività extra. Per esempio finanziare una borsa di studio all’estero per la figlia o il figlio di un dipendente. Questo, a mio avviso, è un bel modo di fare volontariato e solidarietà. Si rinuncia a qualcosa per soddisfare un obiettivo che diventa comune delle/dei dipendenti di una azienda.
E’ un buon modo di fare volontariato far parte di associazioni che si occupano di promuovere iniziative di valorizzazione e conoscenza di temi e argomenti di carattere sociale; realizzare iniziative per parlare di una malattia rara o di cosa succede in alcune aree dell’Africa. E sono più che favorevole anche ad attività in loco che possano supportare ma non imporre la nostra volontà o il nostro modo di agire agli autoctoni.
Ritengo che il ruolo del volontariato, strumento utile e sempre più necessario per soddisfare bisogni primari, sia andato oltre, ossia che se ne si faccia troppo conto. E man mano si investa sempre meno in servizi o ambiti perché, tanto, sono coperti e/o supportati dall’attività dei volontari.
Il tema è complesso e dovrebbe essere oggetto di profonde riflessioni politiche e sociali.
Ma c’è tanto da fare ….. intanto buon 2021 all’insegna della solidarietà!