Bitti, il consenso, le lacrime di coccodrillo?
Sono stato a Bitti nel 2016. Mi hanno raccontato cosa era successo nel 2013, e le discussioni su cosa si poteva fare.
Il 28 novembre 2020, a 7 anni dall’uragano Cleopatra ed a 4 da quel confronto, quattro morti per via di un ciclone.
Il XXI secolo, e tutto fa pensare anche il XXII, sarà caratterizzato da questi eventi.
Ora tutti urlano e sono impegnati nei soccorsi, poi però ci si dimentica della transizione ambientale che dobbiamo per forza realizzare. Europa, Italia e Sardegna sono brave a parole, ma nei fatti sono bocciati.
Sul suo blog l’ex assessore ai lavori pubblici della Regione Sardegna, Paolo Maninchedda, racconta di quanto successe in un consiglio comunale a Bitti qualche anno fa, e di come intervenire sull’urbanistica significa scontrarsi col “consenso”. Che manca, se metti delle regole.
Magari sei anche progressista (a parole), ma se qualcuno ti promette che ti farà aggiungere una stanza in più, o ti farà costruire dove c’è qualche problema, ma tu hai il terreno, il voto glielo dai.
Pierluigi Marotto racconta su fb come, da sindaco di un comune della cintura cagliaritana, decise di pianificare il territorio (fece il PUC, piano urbanistico comunale) e di utilizzare il principio di precauzione.
Non venne rieletto.
Ricordo una ricerca, relativa ai comuni lombardi, per la quale circa l’80% delle elezioni locali si giocano, si vincono e si perdono, sull’urbanistica.
In Sardegna non esistono, che io sappia, ricerche simili, ma la percentuale è identica, forse un po’ più bassa perché ci sono comuni così poveri dove neanche l’elemento urbanistico attizza il pensiero di procurarsi una rendita senza fare niente.
A Cagliari, da consigliere comunale, tra il 2011 ed il 2016, io ed altri chiedemmo di adeguare il PUC al PPR, Piano Paesaggistico Regionale, ma nessuno ci ascoltò. Neanche il sindaco, che infatti venne rieletto.
Il PUC di Cagliari ancora non c’è, e sono passati 10 anni.
La politica locale dipende dai “favori” urbanistici. C’è chi magari perde le elezioni, ma combatte, ed oggi può a testa alta affermare che sui morti di Bitti, e su tutti gli altri, non c’entra nulla.
Per molti non è così. Molti sono coccodrilli: prima ammazzano il territorio, e poi piangono quando il territorio si ribella.
Il problema non è solo locale, e non sta solamente in consiglio regionale, dove proprio in concomitanza con la tragedia si presenta un disegno di legge che vuole riautorizzare gli aumenti di volumetrie in zone pregiate.
Il problema è italiano ed internazionale. Lottare contro il cambiamento climatico significa lottare contro il “potere economico” costituito, quello vero, quello enormemente potente.
Non basta fare l’occhiolino a Greta Thunberg, non basta citare Papa Francesco e “Laudato Sii”. Il premier Conte, le parti sociali, la commissaria Von Der Leyen, finora sono stati col “potere economico”, che bloccherà qualunque transizione ambientale.
La politica, invece, dovrebbe prevalere. Altrimenti, a ritmo periodico, torneranno i coccodrilli.