FP CGIL Sardegna

Intervento al congresso regionale FP CGIL – 16 gennaio 2023

Ho partecipato, il 16 gennaio 2023, al congresso della FP CGIL Sardegna. Vi propongo il mio intervento.


Intervento al congresso FP CGIL Sardegna

Ringrazio la commissione congressuale della FP CGIL e la FP CGIL Sardegna per il gradito invito a partecipare al congresso, un invito non scontato.

Condivido l’impostazione di questo congresso, e vorrei fare due premesse prima di concentrarmi su un paio di questioni.

In primo luogo, voglio ringraziare la FP CGIL perché, a diversi livelli e in momenti diversi, dall’ultimo congresso ad oggi, mi hanno insegnato a fare il dirigente sindacale. Prima non sapevo esattamente cosa volesse dire. Saranno poi i lavoratori a dire se l’ho fatto bene o male.

In secondo luogo, condivido la sottolineatura fatta da Roberta Gessa sulla necessità di convocare momenti di conflitto, e di sciopero, anche quando CISL e UIL si tirano indietro, anche a livelllo sardo, se necessario.

Da questo stesso albergo, quattro anni fa circa, al congresso della FP CGIL Sardegna, svolgendo l’ultimo intervento prima delle conclusioni di Concetta Basile, ebbi modo di affermare che non mi interessava per nulla avere 500 iscritti in più o in meno, che non è quello un criterio per giudicare il buon operato di un sindacalista, o di una organizzazione sindacale.

Per parafrasare una canzone, non è mica da questi particolari che si giudica un buon sindacalista. Un buon sindacalista lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e si, anche dalla fantasia.


E lo vedi, per uscire dalla parafrasi, da quanto fa avanzare i rapporti di forza nel conflitto tra capitale e lavoro e dalla capacità di analisi che porta ad una organizzazione.

Oggi, a quattro anni di distanza, possiamo dire che nel comparto da cui provengo, il comparto del sistema regione, abbiamo aumentato di più di 500 iscritti la nostra forza, ovviamente senza tener conto di Forestas, e partivamo da 220, e che abbiamo provato ad avere coraggio, altruismo e fantasia.

E devo ammettere di essere molto orgoglioso che nel mio luogo di lavoro, nella mia amministrazione, siamo passati da 24 iscritti a 209, secondo i dati che ho io. E cioè che solo nella mia amministrazione siamo quanto eravamo, tutti insieme, nel 2018.

Ma non credo di dover essere io a giudicare un lavoro nel quale, almeno sino a fine 2020, ho avuto un ruolo.

Mi permetto di suggerire, per i prossimi 4 anni, un obiettivo, e cioè di diventare il primo sindacato nel comparto regione.

Ma non per aumentare di altri 500 iscritti nel comparto regione, anche quello, ma è un risultato collaterale, bensì per poter con più efficacia dare risposte alle nostre colleghe e ai nostri colleghi, e per poter dare risposte alle sarde ed ai sardi.

Su questo vorrei concentrare il mio contributo.

Il settore pubblico può, deve essere trainante nel progettare, e realizzare, per il XXI secolo, una Sardegna molto diversa da quella che, se lasciamo all’inerzia fare il suo corso, conosceremo, la quale Sardegna sarà, oggettivamente, figlia dei tragici errori del Novecento.

E questo non solo perché l’Amministrazione pubblica rappresenta il 31% dal valore aggiunto regionale, o per il numero rilevante di lavoratori dei servizi pubblici sul totale degli occupati.

Il mio accento, al contrario, è sulla capacità di progettare, di realizzare un modello di sviluppo autocentrato, e non esogeno, che sta in capo al settore pubblico, che ha le conoscenze, competenze ed esperienze adeguate, perché, semplicemente, i suoi lavoratori si scontrano quotidianamente con questi aspetti.

Se non invertiamo la rotta, infatti, la Sardegna a fine XXI secolo sarà una landa semi-desertica, spopolata e abitata da anziani, da cui probabilmente si continuerà ad estrarre valore (verosimilmente soprattutto dall’energia, dalle basi militari e dal turismo) valore che andrà ad ingrassare le già grasse aziende con sede altrove, ma non nell’isola.

Per provare a spiegarmi meglio, faccio un esempio, che mi è venuto in mente vedendo che viene citato Mialinu Pira nella locandina del convegno, e pensando che proprio con Giorgio Pintus in questi quattro anni ci siamo scambiati libri e consigli di lettura, e ci siamo sempre stupiti per la visionarietà di “Villaggio elettronico”, un libro scritto da Mialinu Pira nel 1970 che parla di oggi.

Uno dei tratti caratteristici del mondo in cui viviamo è la digitalizzazione, che impatta ogni aspetto della nostra esistenza, anche quella lavorativa.

Su questo settore della economia, e cioè le tecnologie della comunicazione e dell’informazione, ICT in inglese, l’area metropolitana di Cagliari ha sviluppato un accumulo di competenze, professionalità, esperienze, che hanno portato a far nascere, nel cagliaritano, qualcosa che andrebbe studiato (magari qualcuno l’ha fatto, ma io non lo so), ma che possiamo definire come un distretto produttivo, che potrebbe arrivare a comprendere, mettendoci dentro le microimprese e i lavoratori autonomi, e senza contare l’indotto, più di 12.000 lavoratrici e lavoratori.

Questo settore, che ha grandi nomi privati, da Tiscali ad Avanade, ha però anche una miriade di micro-aziende, ed ha anche un settore pubblico (latu sensu) forte, importante, consistente. Penso a SardegnaIT, ma anche alla DG Innovazione della Regione Sardegna e tutti gli informatici che vi ruotano attorno, ma anche alla capacità di innovare nel digitale del Comune di Cagliari, ed anche altro. O a tutto ciò che è nato e sta nascendo in questo settore intorno all’Università di Cagliari.

Questo grumo composito di forze lavoro impongono sfide sindacali nuove (sindacalizzare i non sindacalizzati), ma indicano anche un orizzonte di sviluppo per un’area dell’economia in fortissima espansione e che, se ben indirizzata, potrebbe fare aumentare i lavoratori del “distretto ICT del cagliaritano”, chiamiamolo così, da 12.000 a chissà quanti, forse un suo multiplo.


Su questo il settore pubblico, oltre che il sindacato (per la sua parte), ha un ruolo fondamentale.

Penso per esempio a tutto quello che ruota intorno alla “sicurezza informatica”, sul quale potremmo esprimerci con una capacità innovativa ed attrattiva fenomenale, visto anche il recente impegno dell’Università sul tema.

Il pubblico, per esempio, Cagliari, la Regione Sardegna, sarebbe potuta diventare un attore centrale nella costituzione del PSN (Polo Strategico Nazionale), l’infrastruttura per garantire la sicurezza e l’autonomia tencologica sugli asset strategici del paese.

Non mi risulta che ci sia stato un grande impegno.

Ma si tratta, ripeto, solo di un esempio, rispetto ad un settore, quello della “cyber security” e dell’ICT, che sarà centrale per tutto il secolo, e probabilmente oltre, e su cui abbiamo una possibilità concreta, presente, che deve essere indirizzata dal pubblico.

E’ un esempio, lo stesso ragionamento vale per il settore primario, il secondario e, più in generale, la programmazione e realizzazione di un nuovo modello di sviluppo, nuovo davvero però, non la riproposizione delle idee degli anni ’70.

Tornando alla digitalizzazione, e venendo a questioni più strettamente sindacali, è anche alla luce di questa centralità del tema che abbiamo pensato, come sindacato europeo, che fosse utile fare a Cagliari il convegno europeo di un progetto congiunto sindacato europeo dei dipendenti pubblici EPSU e CEMR, l’organizzazione datoriale, progetto che si intitola proprio “Local, social, digital”, che si terrà a Cagliari il 16 e 17 giugno. Non ho notizie che si siano fatti qua convegni di tale portata negli ultimi anni, o forse più.

Devo dire che l’attività sindacale europea ed internazionale, alla quale sto umilmente dando un contributo, oltre ad essere oltremodo stimolante, pone grandi domande, e non mi sto riferendo al terribile scandalo, lo scandalo Qatar, che ha investito anche un sindacalista.

Le grandi domande riguardano lo stato delle organizzazioni sindacali nel mondo e in Europa, intendendo con queste parole anche chi è fuori dalla UE, per esempio la Gran Bretagna, e le strategie che, realisticamente, possiamo mettere in campo per costruire un mondo non votato alla guerra o alla catastrofe climatica, un mondo multipolare e di pace.

Ognuno di noi deve dare il proprio contributo, piccolo di fronte alla grandezza della storia, ma determinante nella vita quotidiana.

Vi assicuro che, dalla visuale europea, è chiaro ed evidente che noi svolgiamo un ruolo sano, progressista, onesto, nel mondo sindacale europeo e mondiale, e che la nostra visione di sindacato, che non è la stessa di tante altre organizzazioni, se la CGIL non esistesse sarebbe molto, molto più debole anche a livello europeo e mondiale.

Da ultimo, un consiglio di lettura. Va bene Mialinu Pira e “villaggio globale”, ma di sicuro “la rivolta dell’oggetto” è altrettanto impattante.

In un luogo, la Sardegna, in cui il tasso di suicidi per 1000 abitanti, dati sino al 2019, è quasi doppio rispetto al mezzogiorno e del 50% più alto rispetto all’Italia (62,9 contro 96,3), in cui il tasso di fecondità è oggi il più basso del mondo, ripeto, il più basso del mondo, anche dietro il Giappone, per cui le dinamiche demografiche già oggi ci dicono che ci sarà l’estinzione del popolo sardo o, detto in altro modo, il suo genocidio, le soluzioni non posso essere tecniche, serve qualcosa di più.

Alcuni lo chiamano “male dell’anima”, Mialinu Pira, che viveva in un’altra epoca, l’ha giustamente chiamato “la rivolta dell’oggetto”, inquadrando nella situazione disperata anche una “call-to-action”, una “chiamata all’azione”.

Ecco, io credo che Mialinu Pira abbia ragione.

Ve ne consiglio la lettura.

Buona continuazione