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Principi e valori nei cartoni animati – di Alessandra Fantinel

Da otto anni a questa parte mi sono fatta una “cultura” di nuovi cartoni animati. Oltre agli intramontabili Disney, ho conosciuto, prima con mia nipote e poi con mia figlia, una discreta quantità di cartoons sino a quel momento mai sentiti o visti.

In realtà non ho mai smesso di guardare quelli della mia infanzia, anche se oggi li guardo con occhi diversi, critici e talvolta sorpresi per le tematiche trattate o i toni utilizzati. I bambini e le bambine guardano i cartoni animati attirati dalle luci e dai movimenti delle figure, poi forse con graduale attenzione alla storia ma non riuscendo, spesso, a cogliere dettagli o messaggi in codice o subliminari trasmessi. E forse l’incoscienza li rende più belli e accattivanti.

I genitori sono spesso ammoniti da pedagogisti e studiosi dell’infanzia sull’utilizzo dei cartoni animati, soprattutto se fungono da intrattenitori quando gli adulti sono impegnati a fare altro. L’esperienza del lockdown avrà sicuramente provato anche quei genitori più ligi e rispettosi dei tempi cronometrati per accedere alla tv. Anche perché, soprattutto quando tutti eravamo a casa con le scuole chiuse, i cartoni animati, soprattutto per i più piccoli, erano un necessario intrattenimento. Ed ancora chi non ha utilizzato i cartoni animati, con episodi brevi, medi o lunghi, per intrattenere i figli durante l’interminabile supplizio dell’aerosol? Mea culpa, io l’ho fatto!

Eppure dobbiamo fermarci a pensare che anche i cartoni animati trasmettono messaggi, valori e cultura, che i nostri figli e le nostre figlie recepiscono e metabolizzano. Ed è per questo che gli esperti dell’infanzia suggeriscono di guardare i cartoni animati con i bambini e le bambine: dietro un episodio semplice e/o divertente si possono nascondere insidie varie come paure, stereotipi, messaggi di violenza, ecc.. L’obiettivo dell’adulto che si occupa del minore è quello di insegnare che ciò che vede non deve necessariamente essere riproposto. Esercizio arduo ma necessario. Se ci pensiamo viene naturale dire ad un bambino che ama i cartoni “violenti” che non dovrà mai esercitare la stessa forza nei confronti di un fratello, amico o compagno di classe. Ma quanto è più difficile dire che il modello familiare proposto, il linguaggio sessista utilizzato o il messaggio trasmesso non è quello corretto? Perché spesso questi sono elementi subdoli. I valori, i messaggi positivi o quelli negativi, così come gli stereotipi sessisti ma anche culturali (razzisti, xenofobi) assorbiti durante l’infanzia sono più difficili da sradicare: il cervello dei bambini è particolarmente ricettivo agli stimoli provenienti dall’ambiente esterno, ma sprovvisto di “sovrastrutture” e, quindi di strumenti, che possano filtrare le informazioni ricevute. Molte delle cose che acquisiamo durante l’infanzia diventano la base del bagaglio culturale che ci porteremo dietro per tutta l’esistenza. Anche se, ne sono convinta, le persone da adulte possono anche cambiare radicalmente direzione, nel bene o nel male. Sicuramente il ruolo dei genitori, o comunque degli adulti, è quello di cercare di preservare i minori da insidie malate o che potranno ledere la loro integrità come adulti e futuri cittadini e cittadine del mondo.

Quando si parla di cartoni animati non si può prescindere dalla Disney. Un colosso che ha sfornato centinaia (se non migliaia) di produzioni per l’infanzia e della sua evoluzione culturale.

Spesso chiamiamo le bambine “principesse”: chi meglio della Disney ne ha descritto le diverse storie? Da Biancaneve a Cenerentola a La Bella Addormentata, tutte fiabe basate su importanti stereotipi di genere: la donna bella, avventurosa ma soggetta a facili errori che viene salvata dal principe azzurro, forte, valoroso e imbattibile. E da qui una importante distinzione anche nell’identificazione dei colori, azzurro per i bambini e rosa per le bambine. E poi il lieto fine: “Vissero felici e contenti”, circondati dalla loro prole. E’ un messaggio esplicito: le donne, tendenzialmente sottomesse, concentrate sulla loro bellezza, finiscono nei guai per la loro ingenuità/stupidità e poi arriva l’uomo, il principe azzurro, emblema del coraggio e dell’intraprendenza. Due modelli forti e contrapposti. La Disney, nei decenni, ha cercato di cambiare rotta, proponendo personaggi maschili e femminili diversi: nuove eroine come Elsa, Vaiana, Mulan, storie in cui sono presenti uomini e donne con difetti e debolezze. E dove, maschi e femmine, non sono solo futuri coniugi ma legati da vincoli amicali che collaborano per raggiungere comuni obiettivi.


Peppa Pig

Esiste però un universo di cartoni animati, prodotti in diverse parti del mondo, costantemente mandati in onda dai canali kids, che non solo ripropongono stereotipi di genere ma anche violenza fisica e verbale o sono realizzati a soli fini commerciali e di marketing. Per esempio Peppa Pig è stata censurata nella Repubblica Cinese, perché considerata rappresentativa del modello occidentale consumistico. E’ la storia di una famiglia “tradizionale” di maialini: mamma, papà, due figli e nonni. Entrambi i genitori lavorano e i figli vanno a scuola. La mamma incarna la superdonna: brava nel lavoro, perfetta nella gestione della casa e nel rapporto coi figli. Papà Pig è spesso deriso: non è all’altezza dei compiti extralavorativi e/o sportivi. I coniugi non hanno un rapporto paritario, la bilancia tende verso Mamma Pig, precisa, attenta e presente. Peppa è viziata, egocentrica e in ogni puntata emerge il suo individualismo, che si conclude con una soluzione ottimale per tutti. Nei suoi confronti, i genitori sono molto protettivi e non lasciano spazio alla fantasia e all’errore. 


Masha e Orso

Al contrario del cartone animato Masha e Orso. Una produzione russa che racconta le gesta di una bambina, di cui nulla si sa della sua famiglia, vitale, curiosa, che intrattiene una bella amicizia con un orso, che oltre a viziarla la riporta sempre sulla retta via. L’educatore (Orso) osserva in maniera silenziosa la bambina, permettendole di sperimentare e sbagliare, ed intervenendo quando necessario. Masha ricorda Pippi Calzelunghe, in quanto odia le ingiustizie, i soprusi ed è temeraria rispetto a situazioni estreme e pericolose, che affronta con coraggio e determinazione. Un bell’esempio educativo (Orso) e di emancipazione femminile (Masha).


Bing

Anche Bing è un esempio positivo. Un coniglietto (e quindi non un leone o una tigre) che vive con un adulto – tutore Flop, un pupazzo di pezza. Bing si misura con le sfide quotidiane e impara, grazie a Flop, ad affrontarle con semplicità, pazienza e rispetto verso il prossimo (bambino o adulto che sia).


Pj Mask

Altro cartone molto amato è Pj Mask. Ha come protagonisti due bambini e una bambina di circa 6 anni, che vivono una vita ordinaria tra scuola, giochi e famiglia ma la notte si trasformano in supereroi. E’ interessante perché le loro avventure si svolgono al buio, tipica paura infantile. In ogni puntata emergono le particolarità di ognuno (punti di forza e di debolezza) e talvolta queste costituiscono un pericolo/ostacolo, che viene poi superato con l’aiuto reciproco. Non si evincono particolari stereotipi, le differenze sono numeriche: le figure femminili sono minoritarie rispetto a quelle maschili tra i buoni e anche tra i cattivi!


Teen Titans Go

Un cartone animato particolare è la serie Teen Titans Go!, prodotta negli anni ottanta e riproposta come cartoons negli anni 2000. Sono 5 personaggi: il leader è Robin, un umano senza poteri straordinari; Stella Rubia, una aliena principessa che incarna lo stereotipo di donna bella e poco intelligente; Cyborg, un androide muscoloso; BB, ragazzo verde che si trasforma in qualsiasi animale e Corvina, intelligente, non troppo bella, signora dell’oscurità. Vivono sotto lo stesso tetto e passano il loro tempo in attesa di qualche evento che possa disturbare la quiete della loro città. Lottano, insieme ed ognuno con le proprie abilità, contro i malvagi. Sono i nuovi supereroi e supereroine!


Paw Patrol

Un altro cartoons molto conosciuto è Paw Patrol. Il protagonista è Ryder un bambino che è a capo di una squadra di 6 cuccioli eroici. Ogni cucciolo ha una abilità in professioni comuni (pompiere, poliziotto, operaio). Sono tutti maschi con l’eccezione di Skye ed Everest: nessuna delle due ricopre ruoli di prestigio. In questo cartone è presente una sindaca, indossa quasi sempre una gonna e una borsetta in cui trasporta la sua “pet”, una gallina. E’ comunemente chiamata sindaco, ma del resto cosa si può pretendere da un cartone il cui slogan è “Niente è faticoso per un cucciolo coraggioso!”, anche quando le coraggiose sono Skye o Everest!


Miracolous

C’è poi Miracolus: una serie che ha come protagonista Marinette (Lady Bug), una adolescente buona, un po’ pasticciona ma molto coraggiosa che difende la città di Parigi dai malvagi insieme a Chat Noir, suo compagno di classe. Il lavoro di squadra è eccellente. I temi trattati, prima della trasformazione in supereroi ed eroine, sono quelli dell’adolescenza (amore, amicizia, famiglia).


Questi cartoons più recenti hanno poco a che vedere con quelli degli anni ‘80-’90, fortemente caratterizzati da stereotipi di genere, temi crudeli nonché da tragedie personali o familiari. Chi non ricorda la storia di Remy, alla perenne ricerca della madre? Heidy sottratta alle sue origini e al nonno per essere catapultata a Francoforte dove, lei bambina, deve occuparsi di una poco più grande? Georgie è stato, insieme a Lamù, il primo cartone animato un po’ spinto. Georgie è contesa tra due fratelli (anche se lei dovrebbe essere la sorellastra) e si vedono scene di quasi nudo. Mentre con Lamù c’è un amore non corrisposto basato su battute piccanti tra i personaggi. Oppure Candy Candy, che rimane un must: bambina cresciuta in un orfanotrofio con una suora e una laica e circondata da altri orfani che l’adorano.  Affronta con coraggio e determinazione le sfide della vita ma è sempre alla ricerca del suo principe azzurro …

Pollon invece narra la vicenda di una simpatica mini dea dell’Olimpo che cantava “Sembra talco ma non è / serve a darti l’allegria / se lo lanci e lo respiri”: parlava della droga sniffabile? Dubbio amletico che ha accompagnato generazioni di bambini diventati adolescenti e poi adulti.

E poi lei, Lady Oscar. Il cartone che racconta la storia francese della fine del 1700: la presa della Bastiglia, la Rivoluzione e la Monarchia. La sigla ci racconta la sua vicenda: in quanto il padre “voleva un maschietto ma ahimè sei nata tu!” Era stata iniziata all’uso della spada divenendone una esperta utilizzatrice. La particolarità del cartoon è che si parla di una bambina che fino all’adolescenza pensava di essere un ragazzo, perché cresciuta come tale. Divenne capitano della Guardia Reale senza che nessuno mai lo sospettasse, anzi le donne di corte erano “innamorate” di lei. L’arrivo del Conte di Fersen fa emergere la sua femminilità. Lady Oscar è il simbolo del principio di pari opportunità: uomini e donne a parità di condizioni possono raggiungere i medesimi risultati ed è il cartone animato che ha trattato la tematica di genere. Ma è anche l’esempio della perenne frustrazione che attanaglia molte donne, che sono costrette a scegliere tra vita professionale e famigliare.

Negli anni ’80 e ‘90 la distinzione tra cartoni animati da bambini e quelli da bambine era abbastanza sentita. Nel senso che, non avendo internet, si attendevano con impazienza le puntate che andavano in onda il pomeriggio (vi ricordate BIM BUM BAM?) o la sera, rigorosamente prima del telegiornale. Ma era anche l’argomento di cui si parlava l’indomani a scuola. Tendenzialmente le bambine non guardavano cartoni animati con mostri o robot, al massimo c’era Sampei, il pescatore alla ricerca della trota più grande del mondo, Holly e Benji per gli appassionati e le appassionate di calcio, Mila e Shiro per la pallavolo.

Ma c’era un cartone animato che potevo vedere solo con un adulto (mio zio) anche lui come me appassionato dell’Uomo Tigre. Non so cosa mi piacesse, ma soprattutto un po’ come tutti gli altri citati, non so come riuscissi a reggere puntate intere in cui il protagonista era sospeso in aria prima di sferrare un calcio all’avversario. Eppure era così, nonostante fossi da sempre contraria ad ogni forma di violenza, l’Uomo Tigre mi ha sempre affascinato. E’ la storia di un bambino che viveva in orfanotrofio e che, dopo una visita ad uno zoo, decide di mascherarsi da tigre per combattere le ingiustizie.

Oggi probabilmente eviterei di far vedere ai bambini e alle bambine alcuni dei cartoni animati che hanno caratterizzato la mia infanzia, per le tematiche trattate e per i toni utilizzati.

I cartoni animati devono essere un sano intrattenimento, possibilmente accompagnato da un adulto che selezioni la scelta e fornisca risposte o dia opportune spiegazioni. Potrebbe essere anche un importante momento per promuovere riflessioni sulla puntata appena vista, gettando così le basi per un proficuo dialogo futuro tra genitori e figli.