ENAS Sardegna: cambiamento climatico, dighe e privatizzazioni

Prima della crisi pandemica COVID-19, aggravata dal malgoverno e dalla miopia di chi non ha investito in sanità, la lotta al cambiamento climatico era attualità quotidiana. Giustamente.

Oggi la pandemia impone sia una risposta alla emergenza sia pensieri “lunghi”.

Siamo in Sardegna. L’ENAS (Ente acque Sardegna) è l’ente pubblico che gestisce il sistema idrico multisettoriale, cioè l’acqua prima che diventi acqua a uso industriale, agricolo o acqua potabile per tutti noi.

L’ENAS ha una storia gloriosa, ha compiti enormi ed ha, tra le sue strutture, quattro centrali idroelettriche le quali producono energia per gli impianti di sollevamento e pompaggio del sistema. Il centro delle attività di ENAS sono le dighe.

Le centrali idroelettriche devono garantire, insieme ad altre fonti di energia rinnovabile, il “pareggio energetico” di ENAS. Senza un chiaro coinvolgimento dei sindacati, che devono essere ascoltati quando si modifica la struttura organizzativa di un ente pubblico, queste opere strategiche verranno privatizzate[1]. Intanto la loro gestione sarà data ad un privato per la bellezza di circa 1 milione di euro all’anno[2].

In cambio daranno ad ENAS la stessa energia che ENAS utilizzava anche prima, quando per gestire le stesse dighe erano impiegate 2/4 persone. 

Perché?

Perché non c’è personale? Se non c’è personale lo si assume, costerà sicuramente meno di 1 milione di euro all’anno.

Cosa sta succedendo nel sistema pubblico di gestione delle acque in Sardegna?

A fine anno due centrali idroelettriche, Tirso 1 e Tirso 2, passeranno definitivamente ad ENAS, al termine della gestione provvisoria di ENEL, che costa circa 110.000 euro all’anno. Si sa già che si vuole utilizzare lo stesso metodo delle quattro centrali di cui sopra. Anche qua si vuole passare da 110.000 euro all’anno a 1 milione di euro all’anno, dati magari ad una multinazionale?

La risorsa acqua è un bene primario per le sarde ed i sardi, e la sua gestione deve rimanere pubblica. Far entrare privati nella gestione di centrali idroelettriche rende il pubblico sempre più povero, di risorse e competenze, e sempre più schiavo di rapporti, talvolta opachi, con chi ha interessi completamente diversi da quelli della collettività.

Perché permettere tutto ciò?

L’acqua a fini produttivi e personali in Sardegna, grazie a grandi investimenti pubblici e all’abnegazione di centinaia di persone, non è più a rischio come 30 anni fa. Ci sono ancora enormi problemi, e vanno risolti. Ma impoverire il pubblico e far arricchire il privato su un bene primario va esattamente nella direzione opposta.

Le giovani generazioni ci hanno ricordato, in questi anni, come acqua, terra, sole, vento siano beni primari a cui tenere come niente altro. Le dinamiche climatiche, insieme ad altre che stiamo vivendo in questi giorni, rischiano di travolgerci.

L’idea è sempre la stessa: l’idea che porre “sul mercato” tutto sia la soluzione migliore. L’abbiamo fatto con la sanità, coi risultati che vediamo. Fermiamoci, anche sull’acqua, finché siamo in tempo.

Assumiamo nei servizi essenziali! Ancora non l’abbiamo capito?


[1] Si veda il contratto di accordo quadro “Servizio di gestione delle opere del SIMR di competenza del SGS – ‘utilizzo multisettoriale delle risorse idriche e produzione energetica’”.

[2] Vedi Rep. Contratto n. 27915 del 16/7/20 con la ditta appaltatrice “STE ENERGY S.r.l.”