Il femminismo non è solo un pensiero ed una pratica che permette di realizzare il più grande cambiamento dall’età neolitica alla fine dell’ottocento, e cioè la fine dello stato di sostanziale inferiorità sociale della donna nei confronti dell’uomo, percorso che ha bisogno di ancora tanta energia e tanto conflitto per essere realizzato. Il femminimo è anche un pensiero ed una pratica che permette di ridare senso alla politica, alla attività sindacale, all’attivismo sociale in senso generale. Permette di abbattere il pensiero neoliberista e vittimista, ancora ben radicato in Sardegna, del TINA (there is no alternative, non c’è alternativa).
Ha fatto bene, quindi, la FP CGIL Sardegna a proporre, nel giorno della giornata mondiale contro la violenza sulle donne, il 25 novembre a Cagliari, finalmente dal vivo, insieme ad una istituzione così gloriosa come la Cineteca Sarda, la proiezione del documentario “Donne, tra immagini e realtà”, in cui si racconta Non Una di Meno, la vera novità, composta da giovanissime e giovanissimi, di questi ultimi anni, è un insieme di pratiche da studiare, condividere, replicare, adattare e fare nostre.
Questo incontro avviene in un periodo, per quanto mi consta, particolarmente fecondo ed innovativo del femminismo sardo, che mi pare possa essere ben riassunto dall’articolo di Benedetta Pintus “il ritorno delle brùscias: femminismo decoloniale in Sardegna”. Nel sottotitolo c’è tutto: “Le giovani donne sarde, grazie al femminismo postcoloniale, si stanno riappropriando della cultura, della lingua e della storia sarda, per smettere di essere considerate marginali e per strappare all’Italia le rappresentazioni retrograde dell’Isola”.
Per quanto ne so del femminismo sardo, si tratta di un passo in avanti, quello della ottica post-coloniale, che avviene solo ora, e ne va dato merito alla nuova generazione di femministe.
La intersezionalità delle lotte, che rende organico un disegno anti-liberista, porta necessariamente a riconsiderare, se si nasce e vive in Sardegna, come fa Benedetta, io e tanti e altri, il tema della cultura, della lingua e della storia sarda, e della marginalità oppressiva esercitata dallo Stato italia, che si compendia anche nella costruzione di una percezione subalterna delle nostre vite rispetto a quelle del “centro”.
Non Una di Meno aiuta in questo percorso, e tutte le donne e gli uomini sarde/i di buona volontà devono ragionarci sopra.
Sul tema della violenza e del femminicidio, segnalo la elaborazione dell’ultima Nereide Rudas, a mio parere non adeguatamente valorizzata, quando già anziana scrisse “Donne morte senza riposo: un’indagine sul muliericidio”. L’ipotesi, poi dimostrata con la pubblicazione, è che, almeno in Sardegna, il termine femminicidio potrebbe essere sostituito da “muliericidio”, in quanto gli omicidi di donne avvengono sostanzialmente in famiglia.
Questo potrebbe far cominciare una discussione, che risale a Engels ed al magistrale “L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato”, per arrivare a parlare del futuro, e cioè del futuro della famiglia.