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Quali “strade” seguire per una riforma complessiva dell’amministrazione pubblica regionale che sia confacente alle esigenze di sviluppo della comunità sarda? Di Daniela Pillitu

La lettura del testo “Considerazioni sulla riforma della burocrazia regionale allhttp://www.fondazionesardinia.eu/ita/wp-content/uploads/2019/06/Libro-Enrico-Lobina_DEF3.pdfa luce di una nuova visione del futuro della Sardegna” di Enrico Lobina, Ed. Fondazione Sardinia del 2019, è stata nel contempo illuminante e stimolante a tal proposito. Essa sostiene la motivazione intrinseca del lettore a impegnare tutte le forze in un processo di reingegnerizzazione dell’amministrazione pubblica regionale sarda nel suo complesso, con riferimento sia alla struttura che alla cultura organizzativa, nonostante gli avvenimenti recenti e meno recenti la minino di continuo. Una riorganizzazione complessiva quindi, non interventi spot e contrapposti come spesso accade, che ponga al centro le persone: i dipendenti, quali produttori, e i cittadini, quali co-produttori e non semplici clienti, senza dimenticare che i primi giocano, in genere, entrambi i ruoli e che questo implica un naturale maggior coinvolgimento rispetto a quanto avviene per un dipendente di un’azienda privata. Questo dovrebbe implicare un maggiore senso di responsabilità del lavoratore pubblico e l’Autore del testo, essendo un funzionario regionale, incarna perfettamente tale condizione, che traspare in tutto il testo, ma in particolare nell’elaborazione delle sue personali considerazioni prospettiche.

Nel primo capitolo è presentata una fotografia del “pianeta” Regione  e dei suoi 16 “satelliti” (Enti e Agenzie), identificandone funzioni e organizzazione, senza tralasciare gli aspetti inerenti la loro nascita e costituzione. Passo fondamentale per chiarire l’oggetto di analisi.

Il secondo capitolo si addentra sullo sviluppo dell’amministrazione regionale dal momento della sua creazione sino ai giorni nostri, con specifico riferimento ai suoi apparati burocratici.

Scoprire che i problemi organizzativi attuali sono il frutto di scelte politiche, spesso insensate, poste in essere già nei primi momenti di vita dell’amministrazione regionale per poi essere perpetrate nel tempo è stato illuminante. E’ sorprendente apprendere che solo nel 1978, con la l.r. 51, fu stabilito l’accesso per concorso. Eppure la nostra Costituzione è in vigore dal 1948 e l’articolo 97 sancisce tale principio riconoscendo a tutti i cittadini, in possesso di certi requisiti definiti dai bandi pubblici, la libertà d’accesso, evitando clientelismi e favoritismi,  al fine di garantire la scelta dei migliori con elevate competenze e capacità tecniche. La Regione, invece, ha continuato a trascurare tale dettato costituzionale anche dopo la l.r. 51, mediante stabilizzazioni quasi automatiche e leggi ad hoc.

Scoprire che la Regione è forse nata come una sorta di ufficio elettorale di rappresentanti politici locali, pare in perfetta sintonia con quanto sta accadendo questi giorni, in cui la maggioranza in seno al Consiglio regionale sta per approvare il ddl 107, con il quale saranno rafforzati gli uffici politici di Assessori e Presidente, i quali non potranno dare alcun supporto agli uffici amministrativi, che resteranno gli unici e i soli, oltretutto ampiamente sguarniti, a svolgere non solo le funzioni operative e gestionali ma anche quelle di programmazione e progettazione, a supporto e in ottemperanza agli indirizzi politici ovviamente, qualora presenti.

L’obiettivo politico/elettorale di riorganizzazione dell’amministrazione regionale è stato riciclato in tutti i programmi da coalizioni o singoli partiti e ancora oggi siamo ben lontani dall’attuazione di una riformulazione organizzativa che possa consentire alla Regione lo svolgimento della sua missione principale, ossia la pianificazione di una strategia di sviluppo sostenibile isolano (sociale, economico ed ambientale), che si basi sui punti di forza insiti nel contesto regionale (clima favorevole, paesaggi mozzafiato, cultura ultra-millenaria, fertilità delle terre, solo per citarne alcuni) cercando di trasformare  i punti di debolezza (insularità fra tutte) in altrettante opportunità di crescita. E’ fondamentale che l’amministrazione regionale detti gli indirizzi, mediante un processo partecipativo che coinvolga tutti gli stakeholder, e supporti gli enti pubblici e i privati che a livello locale devono porre in essere azioni e interventi correlati. E’ inoltre basilare che la stessa amministrazione abbia le capacità di poter monitorare e valutare i risultati raggiunti, in termini di outcome (ossia di benessere creato),  in modo da poter, se necessario, rivedere continuamente il processo di pianificazione e controllo. Pertanto, non si può non essere d’accordo con l’Autore. Prima di rivedere l’organizzazione degli uffici si dovrebbe esplicitare meglio la strategia che si intende realizzare, ossia gli obiettivi chiave su cui far ruotare in modo coerente i vari interventi nei diversi settori. Devono essere schiarite le ombre sulla visione strategica della Sardegna e deve essere interrotta la modalità di agire “spot”, tamponando a destra e a sinistra, spesso senza alcuna ratio e coordinamento, spesso sminuendo gli uffici regionali a semplici “bancomat” dediti a soddisfare esigenze minute, spesso di parte, senza alcun valore collettivo. E’ sufficiente leggere, anche in modo sommario, tutte le leggi finanziarie regionali dei vari anni, per rendersi conto che questa è la realtà, purtroppo,  la quale comporta esclusivamente lo spreco di risorse (finanziarie e di impegno lavorativo) a fronte di unico risultato: l’eventuale consenso elettorale, che potrebbe essere ben lungi dal miglioramento della qualità della vita di tutti i sardi, nessuno escluso!

Pertanto, se il fine della Regione dovesse essere quello di rappresentare un “portafoglio a semplice richiesta” si dovrebbe organizzare la struttura in un certo modo (le stesse figure professionali dovrebbero avere talune competenze tecniche e non altre), se invece fine fosse “essere il regista dello sviluppo democratico dell’isola”, allora la struttura dovrebbe avere un disegno differente e le professionalità dovrebbero essere anch’esse per forza differenti. Sarebbe necessario, a tal fine, partire da un’analisi accurata di tutti i procedimenti amministrativi e produttivi dell’amministrazione regionale, utilizzando un’ottica di processo, al fine di una loro razionale revisione.

L’Autore, nel quarto capitolo, rileva la necessità di un’essenziale e prioritaria rivisitazione della l.r. 1/77 che disciplina l’organizzazione amministrativa della Regione e le competenze della Giunta, della Presidenza e degli Assessorati. Nello specifico si spinge anche a proporre un riorganizzazione complessiva degli Assessorati strumentale al processo di sviluppo regionale. Sono individuati quattro assi portanti (attività istituzionali, sviluppo economico, attività sociali, territorio e ambiente) in cui si incardinano gli Assessorati (ridotti a dieci, tra cui spiccano in particolare per il valore intrinseco al loro stesso nome l’Assessorato al Sapere e alla Persona e l’Assessorato alla Transizione ambientale). L’Autore pone a capo dei singoli assi i famosi Dipartimenti, di cui si sta parlando tanto in questi giorni per via del ddl 107 che li attiverà, la cui idea non è malvagia in sé. Non lo sarebbe, infatti, solo se fosse accompagnata da una rivisitazione delle competenze dei singoli Assessorati. I Dipartimenti, così come previsti dalla l.r. 1/77, invece aggregano anche in modo illogico gli Assessorati attualmente preesistenti, senza risolvere eventuali incoerenze, distorsioni e illogicità manifeste sulle loro competenze, rispetto al contesto e alle esigenze sociali ed economiche attuali.

L’Autore prosegue nell’analizzare i diversi aspetti organizzativi sui quali sarebbe necessario intervenire, talvolta individuando anche proposte minuziose e degne di attenzione (come per le Agenzie del settore agricolo), altre dando semplici ma interessanti stimoli alle idee che potrebbero essere opportunamente sviluppate, a seguito di attente e ulteriori riflessioni.

Sicuramente spicca l’esigenza di rivedere completamente anche l’organizzazione del lavoro, che deve porre al centro le persone e il loro benessere. Il lavoro agile e il lavoro diffuso potrebbero essere ulteriormente incentivati e sostenuti, in modo da non disperdere il valore aggiunto creato a seguito della pandemia in corso (in termini di effetti positivi sulla conciliazione lavoro-famiglia, sul risparmio energetico e conseguente tutela dell’ambiente, purché sia garantita l’efficacia e l’efficienza gestionale), la formazione continua dovrebbe essere la norma e la valutazione del personale dovrebbe essere vista nella logica del miglioramento continuo, non come un mero adempimento per la distribuzione a pioggia di premi stipendiali. Dovrebbe essere rivisto il sistema di reclutamento dei dirigenti/manager e del personale nella sua complessità, i quali devono essere in possesso non solo di competenze tecniche specifiche (contabili, giuridiche e settoriali), ma soprattutto devono essere in grado di utilizzare le cosiddette competenze trasversali (soft skills), fondamentali per realizzare un’amministrazione regionale maggiormente flessibile e trasparente. La presenza di dirigenti e quadri con capacità di team leadership (ossia capacità relazionali, comunicative, motivazionali), orientati al problem solving, innovativi, con capacità di pensiero laterale e con spiccate capacità decisionali, potrebbe essere l’ingrediente per poter realizzare un management by objectives, che stimoli la crescita della cultura del risultato in modo diffuso in tutte le unità organizzative. Questo richiederebbe una capacità di governance (governo partecipato) inter-organizzativa e inter-istituzionale, a tutti i livelli (politici e tecnici), che si esplichi nel rispetto delle proprie prerogative previste dalla normativa, senza precludere la massima collaborazione e il rispetto reciproco dei singoli ruoli. Non si può, infatti, pensare che sia possibile disegnare una netta distinzione tra le funzioni di indirizzo politico e quelle esecutive gestionali. Esse sono intrinsecamente legate da un sistema di influenze reciproche, non si può formulare e formalizzare un’idea politica senza prima aver analizzato la sua fattibilità sul piano amministrativo nel rispetto del principio della legittimità. E’ fondamentale accertarne a priori la sua sostenibilità, organizzativa e giuridica, senza trascurare che l’affidamento di obiettivi deve essere sempre accompagnato dall’assegnazione di risorse adeguate per il loro raggiungimento, non solo finanziarie ma anche e soprattutto umane e tecnologiche.

L’Autore non trascura l’analisi delle competenze legislative esclusive in capo alla Regione in materia di personale e organizzazione, così come sancito nell’art.3 dello Statuto. Nel terzo capitolo, preliminarmente alle proposte di riorganizzazione, infatti, analizza tale tema alla luce della riforma del titolo V della Costituzione che, per certi versi, ha limitato l’autonomia delle regioni a statuto speciale in questo ambito. L’idea di creare un sistema di pubblica amministrazione sarda che riguardi non solo il Sistema regione ma si espanda alche al Sistema degli Enti locali, potrebbe essere un’ottima strada per rendere l’organizzazione complessivamente più flessibile. Anche gli scambi inter-istituzionali potrebbero essere utili. Per esperienza personale, posso infatti semplicemente affermare che per un dipendente regionale aver vissuto delle preliminari esperienze, lavorative e di governo, in un’amministrazione pubblica locale è certamente arricchente professionalmente, in quanto consente di acquisire una visione d’insieme che può essere d’ausilio alla progettazione e alla gestione di interventi e politiche.  Tali scambi sarebbero, pertanto, da promuovere. Per poterli realizzare sarà basilare un preliminare  allineamento della normativa contrattuale dei dipendenti regionali e di quelli degli enti locali. L’approvazione di un contratto collettivo del comparto unico dell’amministrazione pubblica regionale e locale, come è avvenuto da tempo in Friuli Venezia Giulia, probabilmente potrebbe essere il percorso da seguire, garantendo ogni prerogativa eventualmente sussistente in entrambi gli attuali contratti in vigore.

Gli argomenti trattati nel testo di Enrico Lobina, come si evince dal breve excursus, sono tanti e la lettura del testo richiede un approccio aperto al cambiamento. Chiunque abbia il coraggio di mettere in gioco la sicurezza e la rigidità organizzativa attuale e passata (la cui conoscenza è comunque congeniale allo scopo), per creare le basi di un’amministrazione pubblica regionale strategica e innovativa, nel percorrere la strada verso un orizzonte in cui si intraveda un inclusivo sviluppo economico e sociale regionale, dovrebbe portarlo con sé nella sua valigia. Esso può, senza dubbio alcuno, essere considerato uno strumento di riflessione, utile per indirizzare la bussola dell’agire amministrativo verso l’unica meta auspicabile, ossia il benessere dell’intera comunità sarda, cercando di ridurre il più possibile i tempi di percorrenza del viaggio, prima che sia troppo tardi!