Marina Meloni è una brava divulgatrice della lingua gallurese su Tik Tok e Instagram. Si diletta anche col sardo. Ad averne attiviste così! Ha scritto una risposta alla mia recensione di “Barbie“. Buona lettura: potete anche vedere un reel su Instagram in cui ne parla.
No, i maschi non hanno capito il film Barbie, e alla fine, è giusto così… Altrimenti una questione “Barbie” non esisterebbe neanche.
Ho letto l’interessante recensione di Enrico Lobina, è in sardo campidanese.
(se non capisci questa lingua o hai difficoltà puoi usare chatGPT: ti basterà incollare il testo e chiederne la traduzione in Italiano.)
Ovviamente per Lobina il film è una trashata atomica, un’operazione di “social washing” in salsa femminista. Eppure, la pellicola della Gerwing, svela 3 brutte verità, 2 implicite e 1, forse per proteggere il pubblico giovane, molto più velata.
La 1° cosa, verissima: Barbi è stato il primo giocattolo per bambine non di accudimento. Dove le bambine non dovevano imparare a prendersi cura di bambolotti o altro. È un giocattolo adulto dove puoi fantasticare sulla tua vita da adulta (moda, casa, macchina, lavoro, fidanzati). E per decenni, l’unico modo per figurarsi una donna indipendente era giocare con la Barbi. L’unico gioco “da femmina” concesso.
- Le donne in Barbiland sono solidali e non si sentono mai inferiori (perché non hanno termini di paragone dettati dal maschile).
Quando vengono premiate escalmano: “ho lavorato sodo per questo!” e non si considerano né impostore, né in colpa né in debito… esattamente come nel mondo normale fanno i maschi. - Questo punto richiede un’intuizione un poco dolorosa…
alla fine della storia le Barbi risolvono il problema del patriarcato seducendo i ragazzi e facendoli ingelosire, mettendoli uno contro l’altra. I Ken ci cascano, ma solo perché hanno poca esperienza del patriarcato! Nel mondo reale gli uomini sabotano questo potere seduttivo delle donne controllando la nostra sessualità. Noi non possiamo avere le stesse libertà dei maschi: pena lo stigma sociale, il così detto “slut shaming” o peggio la violenza… Nella scena del falò, dove i Ken restano spaesati e non sanno come organizzarsi, aleggia lo spettro dello stupro punitivo.
Barbi è in realtà un film triste, perché parla di un’utopia che non esiste. Almeno per ora.
Avvideccisani