
Sabato 26 aprile abbiamo tenuto l’iniziativa “Sovranità in Sardegna ed in Europa” di cui al link http://www.enricolobina.org/wp/2014/04/11/il-nostro-futuro-sovranita-in-sardegna-ed-in-europa-oristano-26-aprile-venite/.
Vi propongo la relazione introduttiva. Nei prossimi giorni pubblicheremo la relazione di Nikos Karadilion, l’intervento di Claudia Aru ed ogni altro contributo che proverrà.
W Comuna!
IL NOSTRO FUTURO – SOVRANITA’ IN SARDEGNA ED IN EUROPA – SABATO 26 APRILE 2014
Benvenuti a questa incontro, organizzato da Comuna in collaborazione con tante e tanti sostenitori della lista “L’Altra Europa con Tsipras”.
Donatella ha spiegato cosa è Comuna, e come vuole agire.
Dallo spirito stesso dell’associazione è nata la scelta di sostenere l’Altra Europa Con Tsipras.
Le politiche europee adottate in questi ultimi venti anni, da Mastricht in poi, per semplificare, hanno provocato povertà, esclusione e guerra. Noi siamo radicalmente alternativi a questa visione, e lo sono anche i 10 punti di “Altra Europa con Tsipras”.
Altra Europa con Tsipras riunisce forze politiche, sociali, associazioni e tanti che lavorano per una diversa ripartizione della ricchezza, che c’è, in Italia ed in Sardegna. Queste organizzazioni hanno evidenziato, in Sardegna ed in Italia, giganteschi limiti. Per questo chiediamo di ripartire in modo diverso.
Qual è l’obiettivo? Mandare a casa il fiscal compact, le banche ed i trattati europei, ripensare l’Unione Europea da cima a fondo.
Altrimenti affonderà, insieme all’euro e a tutti noi. E noi ci vogliamo salvare. Siamo disoccupati o lavoratori precari, non abbiamo tempo e soldi per fare politica, ma abbiamo tempo per odiare l’Europa. Noi questa Europa non la vogliamo!
In Sardegna la lista Tsipras assume anche altri ruoli. Alla sinistra, ai sovranisti e agli indipendentisti diciamo: uniamoci, ognuno mantenga la propria identità e la propria organizzazione, ed insieme costruiamo le trame per una nuova Sardegna, dentro una nuova Europa. Le trame per una nuova Sardegna non sono libere e non dipendenti da ciò che accade in Europa.
La disoccupazione è poco sotto il 20%, e la disoccupazione giovanile poco sopra il 50%. Decine di migliaia di persone non percepiscono, per via dei vincoli europei del patto di stabilità, la cassa integrazione.
Questa situazione è comune al Mezzogiorno d’Italia ed al Mezzogiorno d’Europa.
La Sardegna sta all’interno della cosiddetta “mezzogiornificazione d’Europa”. L’approdo ad una moneta unica ed il mantenimento di un differenziale di produttività e capacità innovativa tra il centro e la periferia ha portato ad una generalizzazione della divaricazione economica e sociale tra nord e sud che ha conosciuto l’Italia dal 1861.
Oggi, a distanza di anni, le dinamiche sistemiche e profonde della UE hanno portato alla mezzogiornificazione d’Europa, cioè all’allargamento della dualità dell’economia a tutto il sud Europa.
Grecia, Cipro, sud Italia e Italia in generale, Spagna, Portogallo, Irlanda e, a breve, Francia sono parte di questa narrazione.
A questo fenomeno solamente Alexis Tsipras e “L’Altra Europa con Tsipras” dà una risposta positiva, alternativa. L’ha già fatto Tsipras in Grecia. Sta ora a noi farlo in Sardegna
Ecco i dieci punti di Tsipras
1. Immediata fine dell’austerità;
2. Un new deal europeo;
3. Espansione dei prestiti alla piccola e media impresa;
4. Sconfiggere le disoccupazione;
5. Sospensione del nuovo sistema fiscale europeo;
6. Una vera banca europea che possa prestare denaro agli stati e non solo alle banche;
7. Aggiustamento macroeconomico;
8. Una conferenza sul debito europeo;
9. Un atto per separare banche di risparmio e banche d’affari;
10. Una legislazione effettiva per tassare l’economia e le attività imprenditoriali offshore.
Alcuni autorevoli esponenti, anche della cosiddetta sinistra, ci criticano dicendo che l’Europa non è tutta uguale, che la Germania e i paesi nordici hanno saputo puntare sull’istruzione, sulla ricerca e sulle produzioni ad alto valore aggiunto, sia nel settore manifatturiero che negli altri.
Non è così. Non è così!
Il tasso di disoccupazione in Germania è più basso rispetto a noi, e la Germania sta sicuramente prendendo quote di mercato e pezzi di settori produttivi al sud Europa, compresa la Sardegna, e questo le permette di mantenere più posti di lavoro in patria, ma la Germania stessa è vittima del neoliberismo e della precarizzazzazione del lavoro.
Magari finirà il suo percorso 10 anni dopo la Sardegna e l’Italia, ma lo finirà.
I poveri in Germania sono aumentati, non sono diminuiti, e la statistiche sull’occupazione sono taroccate.
Consiglio a tutti il libro di una ricercatrice della Bocconi, proprio su questi temi, dal titolo “Ricca Germania. Poveri tedeschi. Il lato oscuro del benessere”.
O l’Europa rimette in discussione il meccanismo globale dell’economia, o non ci sarà chi si salva e chi no. Affonderemo tutti. In Sardegna siamo già affondati, e non ce ne accorgiamo. O, forse è meglio, la politica non se ne accorge.
Lo stesso ragionamento lo dobbiamo fare con l’euro. Se quindici anni fa i sardi e gli italiani erano tra i popoli più europeisti del continente, ora non è più così. Sbagliano?
O ha ancora un senso dire, in modo un po’ vuoto e radical-chic, che l’uscita dall’euro sarebbe un disastro, così come ripete continuamente il PD? Nel disastro ci siamo già, signori del PD, è che fate finta di non accorgervene, o ve ne accorgete solamente quando si avvicinano le elezioni.
Se economisti del calibro di Paolo Savona ed Emiliano Brancaccio si pongono il problema di un piano B, di essere pronti ad uscire dall’euro, dove sta il punto? Il punto sta nell’avere alcuni principi non derogabili.
Sulla lista “L’altra Europa con Tsipras” convergono due critiche, una da destra ed una che vorrebbe essere da sinistra. La critica da destra (PD) afferma che Tsipras è contro l’Europa e che vuole difendere un modello spendaccione (quello greco) fatto di debito pubblico. La critica che vorrebbe essere da sinistra afferma che Tsipras vuole difendere l’Europa e l’euro.
Entrambe le critiche si basano su una lettura disonesta del programma di Tsipras, che è semplice: “le persone vengono prima delle banche e del debito che ha fatto diventare ricchi chi era già ricco”, “in Grecia prima della crisi sono diventati ricchi i borghesi e gli altri no”, “in Grecia dopo la crisi tutti sono diventati molto più poveri, i bambini non hanno più da mangiare”, “la democrazia ed il diritto ad una vita dignitosa viene prima di tutto”, “dobbiamo denunciare i memoranda e cambiare radicalmente i trattati europei, per salvare la stessa Europa, che altrimenti è morta”.
Si tratta di un programma contro l’Europa o, come dicono altri, di un programma che dietro la maschera di Tsipras difende l’euro?
Si tratta di un programma che parla al popolo. Vedremo se in Italia riusciremo a parlare al popolo: cosa che i dirigenti e gli intellettuali raramente si pongono come obiettivo.
In Italia c’è un problema: l’uscita dall’euro non è una panacea universale ma è sbagliato fare dell’euro un tabù.
Ma perché la fuoriuscita dall’euro è il piano B? Innanzitutto perché se riusciamo a liberare tutta l’Europa dal liberismo è meglio. In secondo luogo, perché uno stato di 60 milioni di abitanti (quale l’Italia) è molto debole nei confronti dei mercati internazionali, e si potrebbero innescare meccanismi che aumentano il liberismo, invece che bloccarlo.
Ed una Sardegna indipendente, va da sé, sarebbe ancora più debole sui mercati internazionali.
Il PD sta facendo una campagna dove viene messo in discussione il rigore. Sono degli impostori. In Europa il loro raggruppamento ha sempre sostenuto il fiscal compact, l’austerità, l’autonomia della BCE, ed oggi in campagna elettorale si svegliano. Sono degli impostori.
La vera grande riforma di Renzi è la fine definitiva del contratto di lavoro a tempo determinato, con il Jobs Act, e la fine di qualunque velleità federale con la riforma del Titolo V.
Gli ottanta euro sono una bufala. Prima aumentano i costi dei servizi, si privatizza, si taglia lo stato sociale, non si rinnovano i contratti (io sono un dipendente pubblico, se mi avessero rinnovato i contratti si avrei già guadagnato quegli 80 euro), ed ora si promettono 80 euro in più a tempo, per sette mesi, e non a tutti, per recuperare dei voti e poi andare avanti, dopo le elezioni, con la svendita dei veri asset dell’Italia e la chiusura dello stato sociale.
E di questo deve rispondere il candidato Soru, deve rispondere del pareggio di bilancio e del patto di stabilità, che ci toglie quanto ci spetta, e toglie la cassa integrazione, e deve rispondere, lui che è renziano, della riforma del Titolo V, che accentra verso lo stato materie come l’energia ed il turismo. E non credete a coloro che dicono che l’autonomia sarda viene salvata. Non è così, ed in ogni caso Soru è il candidato del centralismo renziano.
Non dobbiamo avere nessuna paura a denunciarlo.
Così come non dobbiamo avere alcuna paura a denunciare Grillo.
Grillo ha copiato tante posizioni di Tsipras e di “Altra Europa con Tsipras”, ma non potrà mai copiare la nostra impostazione popolare, di massa.
Non immaginiamo, caro Grillo, un uomo solo al comando, e non immaginiamo neanche un sistema web che viene controllato da una persona e non da un collettivo.
Noi immaginiamo la politica come partecipazione popolare, plurale, dove progressivamente viene selezionata, nello studio e nella lotta, la classe dirigente. Critichiamo i sindacati, ma non li vogliamo distruggere, perché rappresentano un contro potere dei lavoratori. Critichiamo a fondo i partiti, e li vogliamo rivoluzionare, ma non per abolirli. E siamo per difendere la libera informazione, anche sovvenzionata dal pubblico.
E non abbiamo alcuna intenzione, per ragioni elettoralistiche, di fare l’occhiolino a posizioni razziste.
Alle elettrici e agli elettori grillini dobbiamo spiegare, con le parole e con i fatti, la nostra vicinanza. E poi, con che coraggio votare Grillo in Sardegna, dopo l’inettitudine di non presentarsi alle elezioni regionali? A Grillo della Sardegna non gliene frega nulla, ed i grillini sardi non sono all’altezza.
Qua in Sardegna tutto si tinge di altri colori, e di altri aspetti. Esiste una specifica questione sarda, che nasce da ragioni storiche e precise condizioni contemporanee. Siamo sempre stati per il diritto all’autodeterminazione dei popoli, e sempre lo saremo. In Europa e nel mondo.
Si è molto discusso dello scorporo del collegio unico con la Sicilia. Oggi l’accorpamento Sicilia-Sardegna nel collegio Isole per le elezioni al parlamento europeo rende molto difficile, ma non impossibile, l’elezione di parlamentari europei sardi.
Noi siamo stati da subito per lo scorporo, e già con l’incontro del 27 febbraio a Cagliari abbiamo chiesto una forte azione politica sul tema. Questa azione politica non c’è stata.
Per molti oggi la soluzione è il non voto.
Non votando si lascia lo spazio a politiche europee sbagliate. Non votando si lascia lo spazio a chi nel PD propone il voto utile a Soru per mandare un europarlamentare a Bruxelles.
Soru è il rappresentante di quel partito che più di tutti gli altri poteva fare e non ha fatto, perché esprime il primo ministro e perché ha una forza parlamentare e politica non paragonabile con gli altri.
Votando Altra Europa con Tsipras si lascia lo spazio ad una politica economica diverse in Europa. Votando Altra Europa con Tsipras si dà spazio a chi ha lavorato ad uno scorporo del collegio. Votando Altra Europa con Tsipras, ce lo dicono i numeri delle scorse europee, si apre la possibilità all’elezione di un europarlamentare sardo, pronto a difendere gli interessi della Sardegna.
Altra Europa con Tsipras, mediante il segretario di SeL Luca Pizzuto, è l’unico raggruppamento che ha proposto, e si è detto disponibile, a collegare una lista di minoranza linguistica, così come esiste in altre regioni d’Italia, al fine di consentire una elezione.
Si tratta di una possibilità che si poteva sfruttare, e di cui i nostri amici e compagni del fronte indipendentista e sovranista si sono accorti troppo tardi.
In generale, in Sardegna vi è il tema della sovranità, che “Altra Europa con Tsipras” deve affrontare. Il rapporto tra Sardegna e Italia, fino a oggi, è stato segnato dal concetto dell’autonomia. Oggi quella fase storica è terminata.
Si deve aprire la fase della sovranità, perché non riceveremo regali da nessuno, né da Roma né da Bruxelles. Dovremo lottare per chiedere ciò che ci spetta, ed anche di più. Ma sovranità significa anche fine della lamentazione, significa responsabilità, ed abbandonare una relazione con lo stato composta da lamentazione e accondiscendenza.
Non è un tema astruso, questo della sovranità, neanche per paesi come la Grecia o l’Italia.
Oggi c’è un deficit di sovranità, in generale, in Europa, che deriva dalla non trasparenza, dall’opacità, della presa di decisioni a Bruxelles. L’attività di potentati non sottoposti alla volontà popolare, cioè alla sovranità, è fortissima e molto spesso ha successo. La struttura istituzionale europea (Parlamento, commissione e consiglio), nonostante alcune recenti modifiche, non aiuta.
La proposta politica che facciamo a tutti i presenti, che va oltre le elezioni europee, è di cominciare un percorso, passando per le europee, che ci veda pronti a sperimentare sempre più stringenti forme di unità. Abbiamo un potenziale che è maggioritario rispetto al PD e che, nel medio periodo, può essere maggioritario in tutto il campo democratico e progressista in Sardegna. Possiamo cambiare la Sardegna, andando oltre le nostre piccole nicchie.
Immaginiamo un’organizzazione larga, a geometria variabile, dove ognuno può mantenere strutture organizzative autonome, ed anche attitudini personali o collettive diversificate.
Vi sono però alcuni punti sui quali non si può transigere, e due precondizioni da rispettare.
La prima precondizione è l’onestà, la seconda è la fiducia reciproca.
Per quanto riguarda la prima, senza di essa non si può chiedere a nessuna donna e nessun uomo libero di impegnarsi in una impresa collettiva.
Per quanto riguarda la seconda, la fiducia reciproca, essa è il collante di ogni organizzazione in quanto tale, che non sia solamente una organizzazione formale, nominalistica.
Insieme a queste due precondizioni, poniamo quattro punti non transigibili:
– No al liberismo
– No alla guerra
– Nuovo modello di sviluppo
– Sovranità
Dobbiamo capirci su cosa è liberismo. Il liberismo non è mai esercitato “in purezza”, e si può mischiare a misure di stampo neo-keynesiano o redistributivo. Il problema è la direzione nella quale si va, e la direzione dell’Europa, ed anche dell’Italia, è molto chiara.
C’è moltissima strada da fare. Dobbiamo cambiare linguaggio ed organizzazione. Anche per questo abbiamo organizzato, per domani, un seminario di lavoro sui temi organizzativi, per capire come Syriza si è trasformata in questi anni.
Sappiamo che questa forma, quella dell’assemblea, non è la soluzione migliore. In questo senso, apprezziamo il lavoro fatto da Sardegna Possibile, in occasione della preparazione delle elezioni regionali del febbraio 2014, con gli Open Space Technology
Il nostro progetto, il progetto di Altra Europa con Tsipras non è un progetto interno al centrosinistra. Nelle posizioni politiche e nella proposta di lungo periodo siamo alternativi alle idee dominanti del centrosinistra, e, quindi, questa può essere la casa in cui lavorano fianco a fianco coloro che alle elezioni regionali hanno preso strade diverse.
Il nostro progetto non finisce oggi, e non finisce neanche il 25 maggio. Ridare speranza alla Sardegna, ai disoccupati di cinquant’anni e a quelli di vent’anni, non è qualcosa che si fa in un paio di settimane.
