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Algeri, Tunisi e Il Cairo chiamano Cagliari. Una “Dichiarazione di Cagliari”?

February 7th, 2011  |  Published in Cagliari, Mondo, Politica

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Il 2010 doveva essere l’anno in cui il partenariato euro-mediterraneo, cominciato a Barcellona in pompa magna nel 1995 nella sua nuova versione, avrebbe dovuto avere il suo momento più alto. Nel 2010, infatti, sarebbe dovuto entrare in vigore l’area di libero scambio euro-mediterranea.

I primi mesi del 2011, invece, sono stati giorni della rivolta. E della morte. Giovani e giovanissimi di Algeri, Tunisi e Il Cairo, e di tante altre città di Tunisia, Algeria e Egitto, sono scesi in piazza. Manifestazioni per il pane.

A qualche chilometro da qua (Cagliari è più vicina a Tunisi che a Roma) non si ha il pane. Alla faccia dell’area di libero scambio euro-mediterranea. La periferia è il luogo delle tempeste. La mancanza di futuro percepita dai giovani di tutta Europa in Nord Africa è diventata una mancanza di presente.

Dovremmo interpretare questi fatti come un avvertimento, dal momento che anche noi siamo vittime degli stessi meccanismi. L’agricoltura è in crisi, la pastorizia è in crisi e ci sono migliaia di laureati disoccupati.

Cosa ci rende diversi dai nostri vicini di Tunisi? I trasferimenti a vario titolo che ancora lo stato concede, una moneta forte e alcune isolate imprese. Per il resto, far parte della UE e dell’Italia non rendono certo il sistema produttivo sardo superiore a quello di un paese del Maghreb.

Cosa è successo? E’ successo che i programmi di aggiustamento imposti ai paesi arabi dall’UE e dall’occidente, non hanno funzionato. E la crisi si è fatta sentire più là che altrove (per esempio in Asia).

La diplomazia, così come l’abbiamo conosciuta nel XX secolo, non esiste più. Non solo per Wikileaks. Le relazioni sociali, culturali ed economiche tra popoli diversi sono oggi molteplici e veloci. I rapporti tra noi e la sponda del sud del Mediterraneo non possono e non devono essere sempre mediati dallo Stato italiano. Prendiamoci il nostro protagonismo, e che Roma si prenda il suo.

La Sardegna, nonostante qualche tentativo dovuto alla programmazione europea (ENPI), è oggi  nell’ombra, e deve fare di più. Cagliari deve fare di più.

Cagliari può diventare l’avamposto di una cultura della pace e dei diritti umani, che travalichi i limiti dell’UE e che sia il lasciapassare per proficui rapporti sociali ed economici. Senza un’azione coraggiosa non si potrà raggiungere nessun obiettivo di pace e prosperità. Senza una critica netta all’atteggiamento israeliano nel conflitto arabo-israeliano, senza una messa in discussione degli attuali rapporti economici e politici intercorrenti tra sponda nord e sud del Mediterraneo, nessuno compie passi in avanti. Né noi, né i paesi arabi.

Abbiamo una proposta. Il prossimo consiglio comunale di Cagliari sia promotore di una “Dichiarazione di Cagliari”, indirizzata ai paesi, alle regioni, alle città e ai popoli del sud del Mediterraneo, in cui si fissino i capisaldi della collaborazione con le nostre sorelle e fratelli più vicini.

Una collaborazione che sia alla pari, senza presunzioni di superiorità. Dove il rispetto dell’essere umano sia un valore a prescindere, e dove si affermi il principio per cui il benessere del singolo può essere ottenuto solamente attraverso un benessere collettivo.

Una pace durevole, infatti, come afferma il documento costitutivo dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), può essere raggiunta solamente se si basa sulla giustizia sociale. Una pace durevole, come si scrive nella costituzione della FAO (Food and Agriculture Organization), si basa sull’eliminazione della povertà e della fame. E, come sostiene il documento costitutivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), “la salute di tutti i popoli è fondamentale per il raggiungimento della pace e della sicurezza”.

Partendo da questi principi, probabilmente, risulta più facile rendere attuali slogan come democrazia e diritti umani, sempre presenti quando si discute di paesi del sud del Mediterraneo.

I ragazzi che nei primi giorni del 2011 sono morti in Algeria e Tunisia ci ricordano delle sconfitte delle politiche dell’UE, dell’Italia e, nel suo piccolo, della Sardegna. È giunto il momento di cambiare.

Le elezioni della capitale della Sardegna servono a definire come sarà amministrata Cagliari. E danno una indicazione generale sulla Sardegna che sarà. La Sardegna che sarà, però, deve avere la forza di volare alto, e di guardare lontano. Da qua il senso della nostra proposta.

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