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Necessità del bilinguismo a Cagliari

March 10th, 2011  |  Published in Cagliari, Politica, Sardegna  |  5 Comments

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Amos Cardia, Enrico Lobina

Cagliari, come tutta la Sardegna, ha bisogno del bilinguismo italiano–sardo. Le ragioni sono le stesse per le quali lo si realizza nel più piccolo paese della Sardegna. Il bilinguismo è necessario per accorciare la distanza tra amministratori e amministrati, per creare un sentimento di appartenza, per accrescere il protagonismo sociale, l’innovazione e lo sviluppo.

Questioni di identità

La globalizzazione, almeno in Occidente, ha reso omogenei i dati antropologici e culturali in senso lato. Attività economiche, sistemi familiari, alimentazione, abbigliamento e svaghi dei cagliaritani sono quasi identici a quelli degli abitanti di qualunque altro capoluogo d’Italia e d’Europa. Niente di male. Se non fosse che la città soffre di una crisi d’identità che porta amministratori e amministrati a scelte che, anziché arricchire, impoveriscono.

La città di Cagliari si trova condannata e vivacchia sui propri privilegi, come l’ospitare, a detrimento di altri centri, un gran numero di servizi fondamentali. Da antica città di mare, aperta quasi per definizione, rischia di diventare l’emblema della chiusura, in cui la creatività individuale e sociale è ridotta a zero. L’occupazione dipende dallo sviluppo, questo dipende dalla creatività e dal protagonismo (ovviamente accompagnati dalla formazione necessaria) e questi ultimi dipendono dal senso di identità e di appartenenza.

Il senso di identità e di appartenenza, inteso come consapevolezza di sé, delle proprie risorse, dei propri mezzi e, ovviamente, dei propri desideri, non è un dato acquisito. È il risultato di un percorso che donne e uomini fanno, coscientemente o meno. Oggi questo cammino morale e culturale o, se preferite, identitario e nazionale, può essere compiuto col bilinguismo.

La prosperità che vogliamo per Cagliari deve coinvolgere tutta la comunità cittadina. Si condivide una terra, certo, ma abitare in viale Merello o abitare a Sant’Elia non è propriamente la stessa cosa. Si condivide una storia, ma poveri e ricchi vivono vicende diverse. Si dovrebbe condividere una cultura, ma questa varia inesorabilmente non solo da classe a classe, da generazione a generazione, ma anche da famiglia a famiglia e da individuo a individuo. Sopra tutto, rimane la lingua.

Ci accomunano la cultura e la lingua italiana, ma non sono state, né potevano esserlo, la soluzione a tutto. Né, va da sé, potrà esserlo la lingua inglese. Ogni cultura e ogni lingua ha potenzialità e limiti. Ora è il caso di sperimentare quelli della lingua sarda. Di riappropriarci di una cultura e di una lingua in modo dialettico e complementare. Al monolinguismo italiano opponiamo il bilinguismo italiano-sardo. All’imposizione di un’univoca identità italiana opponiamo la costruzione di un’identità sarda in perenne movimento. È una condizione irrinunciabile per riconoscerci valore. E dunque per riuscire a produrlo. Finalmente.

Se Cagliari non può essere Milano, Londra o New York, è altrettanto vero che non può essere Ovodda, Bitti o Nuoro. Non può esserci alcuno sviluppo sostituendo uno scimmiottamento con un altro. È ora di rimuovere il doppio complesso di inferiorità che affligge molti fra noi cagliaritani: perché non propriamente italiani e perché non propriamente sardi. Certo non siamo propriamente italiani, e questo non è un difetto, ma perché non saremmo propriamente sardi? Rispetto a quale modello di sardità saremmo meno rispondenti di altri? Ed è possibile un modello univoco di sardità?

Qualunque identità nazionale è eterogenea. Le differenze, che si concretizzano in molteplici sensibilità e abilità, sono condizione essenziale per lo sviluppo. Non possiamo sostituire una gabbia identitaria con un’altra.

L’identità linguistica di Cagliari

La lingua sarda nasce a Cagliari. Il sardo è il risultato dell’incontro-scontro tra il latino dei conquistatori romani e la lingua praticata in Sardegna prima del loro arrivo. E visto che i conquistatori romani si stabiliscono a Cagliari prima che altrove, è qui che per la prima volta le lingue si incontrano e si scontrano, facendone nascere una nuova. La maggiore età della variante campidanese spiega la sua maggiore evoluzione, anche in virtù del suo maggior uso interno. Il campidanese si è evoluto maggiormente sia perché, nascendo prima, ne ha avuto più tempo, sia perché è stato praticato da un numero più elevato di persone. Anche qui niente di male, come ci spiega non un linguista cagliaritano, che potrebbe essere accusato di campanilismo, ma un antropologo bittese, Michelangelo Pira.

«Dialetti come quello di Bitti (ancor oggi, ma meno che nel passato recente, fortemente conservatore delle forme latine) sono testimonianza di una latinizzazione non già, come ritenuto da taluni, anticipata, ma fortemente ritardata. Il latino, dove è penetrato prima (come è accaduto nella parte meridionale dell’Isola), ha anche avuto la sua maggiore evoluzione, sia in conseguenza del maggior uso interno, sia in conseguenza dei più stretti contatti successivi con le lingue romanze della penisola iberica e di quella italiana. Gloriarsi come erano soliti fare i bittesi e i letterati sardi in genere, della maggiore vicinanza dei dialetti sardi al latino, significa gloriarsi dell’immobilità e della bassa accumulazione culturale; il che può anche essere vanto legittimo, ma in una sincronia che assuma a proprio valore appunto la conservazione e l’immobilità».

E immobili noi non vogliamo esserlo più.

La responsabilità linguistica di Cagliari

In percentuale alla popolazione, oggi la lingua sarda è praticata a Cagliari forse meno che altrove. In ogni caso manca un’inchiesta sociolinguistica che possa verificarlo scientificamente. Quel che è certo, ce lo conferma il caso catalano, è che non è possibile il bilinguismo in Sardegna senza il bilinguismo a Cagliari. Il lavoro meritorio che varie professionalità conducono nell’hinterland e in provincia è necessario ma da solo non può bastare. Al contrario, visto che Cagliari è il centro dell’economia, della politica e dell’amministrazione sarda, se diventa bilingue il capoluogo diventa bilingue tutta la Sardegna. La lingua catalana ha ripreso così tanto vigore perché se n’è fatta carico Barcellona.

La capacità di irradiazione linguistica del capoluogo sardo, del resto, era stata percepita e studiata sin dalla prima metà dell’Ottocento, grazie all’opera di Vincenzo Raimondo Porru. Il primo in assoluto a compilare un dizionario della lingua sarda, che riportò proprio nella variante campidanese.

Come sostiene Antonietta Dettori, «il ruolo di Cagliari come polo di irradiazione delle innovazioni viene acutamente individuato; un’equilibrata valutazione del processo evolutivo del sardo consente al Porru di affrancarsi dalla soggezione del logudorese e di rivalutare il campidanese».

Che fare?

Il bilinguismo è una questione complessa e delicata. Sono complessi gli strumenti normativi che lo promuovono, è delicata l’attività che insiste sull’identità della città ed è alta la posta in gioco: lo sviluppo sociale ed economico del capoluogo e della Sardegna. Per questo, una tale attività non può essere lasciata ai ritagli di tempo e agli avanzi di bilancio di altri assessorati. Occorre una delega specifica, la delega al Bilinguismo, che gestisca con efficienza le notevoli opportunità e finanziamenti che le leggi offrono e rispondendo ai cittadini su quanto si fa e su quanto non si fa. L’Ufficio per il Bilinguismo che ne deriverà dovrà disporre di un corpus di funzionari e di impiegati con una preparazione specifica, tale da costituire un volano di sviluppo che non si fermi alla scadenza del mandato della Giunta.

Ma se è necessario che l’istituzione comunale si prenda tutte le sue responsabilità e faccia tutto ciò che è di sua competenza, questo non può bastare. Bilinguismo è comunicazione sociale, ma la maggior parte delle relazioni sociali si svolgono al di fuori e indipendentemente dall’istituzione amministrativa comunale. Per questo, per la realizzazione compiuta del bilinguismo, è indispensabile l’apporto di tutti i soggetti che definiscono concretamente il panorama comunicativo quotidiano della città. L’Ufficio al Bilinguismo li coinvolgerà con puntualità e in tutte le modalità necessarie.

http://www.sardegnademocratica.it/2.620/culture/questioni-di-lingua-1.18537

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5 Comments

  1. su dotori says:

    bilinguismu imoi!

    • admin says:

      Certamente. Più voti prendiamo alle prossime elezioni comunali più avremo la possibilità di fare anche questo.

  2. Veronica says:

    Bellu meda, bravus!

  3. Ivo Murgia says:

    Beni fatu piciocus!

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