
Martedì 8 aprile il consiglio comunale ha respinto una mozione che chiedeva di realizzare un referendum riguardo il progetto sul parco ed il parcheggio in via Cammino Nuovo.
La mozione, presentata dal consigliere Cugusi, ha avuto il voto favorevole mio e del consigliere Dore. Alcuni consiglieri (Andreozzi e Secchi) si sono astenuti, ed alcuni della maggioranza non hanno partecipato al voto. Gli altri hanno votato contro, per cui la mozione è stata bocciata. Il centrodestra si è astenuto.
Il progetto di via del Cammino nuovo, nel mondo progressista e nei quartieri di Castello e Stampace, sta creando un ampio dibattito, con visioni che, seppur convergenti su alcuni grandi principi, si dividono sull’opportunità o meno di costruire un parcheggio interrato in quell’area.
La mia opinione è rinvenibile in diversi documenti, ufficiali e non, ed è possibile che ci torni sopra nei prossimi giorni.
Mi soffermo, invece, sulla negazione dello strumento referendario. Si tratta di un passaggio politico negativo, perché chi ha votato contro non ha costruito, nel mese passato dal deposito della mozione, un’alternativa.
La Costituzione repubblicana, all’art. 1, comma 2, stabilisce che “la sovranità è del popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. La stessa, all’art. 75, disciplina i referendum.
La Costituzione repubblicana, in altri termini, ha da subito stoppato una visione della società per cui ogni cinque anni una persona si reca alle urne, esprime la propria opinione e, successivamente, aspetta per altri cinque anni per poter decidere se e come esprimersi.
Non è così. La sovranità appartiene al popolo, non ad organi rappresentativi, seppur eletti durante regolari elezioni[1].
Abbiamo vinto le elezioni con lo slogan “ora tocca a noi”, promettendo una nuova era di partecipazione e di trasparenza. A tre anni di distanza dalle elezioni, non siamo riusciti ad approvare un regolamento sugli istituti di partecipazione e a ragionare su come colmare il vuoto lasciato dai consigli circoscrizionali[2]. Per quanto riguarda il regolamento sugli istituti di partecipazione, vi sono alcune proposte, ed anche io ho fatto la mia: http://www.enricolobina.org/wp/2014/01/11/istituti-di-partecipazione-una-proposta/.
Su come colmare il vuoto lasciato dai consigli circoscrizionali, non vi sono al momento proposte concrete. I comitati di quartiere esistono, in alcuni casi utilizzano gli strumenti telematici più che gli strumenti classici di organizzazione del consenso e, purtuttavia, andrebbe sviluppata una idea di organi di discussione sulle tematiche di quartiere. Per rafforzare questo ragionamento, si sappia che la Municipalità di Pirri sta svolgendo questo ruolo.
Le proposte in campo sono tantissime, da Modena a Napoli, e segnalo gli ultimi interessanti strumenti messi in campo dal comune di Bologna.
La capitale della Sardegna non viene trasformata da 24 consiglieri comunali, 9 assessori ed un Sindaco. La capitale della Sardegna può essere trasformata da un vasto movimento di coscienze, di classi sociali, di intelligenze, di corpi intermedi, di istituzioni che si riconoscono su un progetto complessivo di rottura e miglioramento collettivo. Ne hanno bisogno i più deboli, ne ha bisogno chi crede nella politica come mezzo del cambiamento.
Negare un referendum, a tre anni dalle elezioni, senza un lavoro per trovare soluzioni alternative sul tema della partecipazione, è un passo indietro. Avremmo poi discusso su un regolamento, sulla possibilità di referendum di quartiere o cittadini e su tanti altri aspetti. Se avessimo voluto, l’avremmo potuto fare anche in passato.
Una delle argomentazioni di alcuni consiglieri di maggioranza per sostenere il voto contrario è che su un progetto come quello del parcheggio non si può fare un referendum. Perché? Non è proprio un progetto che attiene ai grandi temi del centro storico, dell’urbanistica, della mobilità, dell’ambiente e delle attività produttive che merita di essere sottoposto a referendum? E su cosa si dovrebbero esprimere i cittadini, in una realtà che è si la capitale della Sardegna, ma pur sempre una realtà di 155.000 abitanti, e cioè quanto una porzione di un quartiere di Parigi?
Un’altra argomentazione contro i referendum è stato che in questi anni ne abbiamo conosciuti troppi, e che proprio i referendum sono stati un fattore di straniamento dalla politica.
Pur convergendo sull’opportunità di modificare, a livello italiano e sardo, la normativa sui referendum, si tratta di capire se vogliamo strumenti di partecipazione popolare alternativi e arricchenti rispetto alle elezioni o no. Altrimenti la cosiddetta democrazia diventa recarsi alle urne una volta ogni cinque anni e scegliere, come direbbe Frankie Hi NRG, tra “rametto o bandierina”.
Io sono contrario a questa visione, e mi pare lo sia anche la Costituzione repubblicana.
Enrico
[1] Ci sarebbe poi da discutere se, in un sistema in cui non vige il principio liberale “una testa, un voto”, questi organismi siano realmente rappresentativi e non siano invece assemblee create ad arte per consentire a questo o quello schieramento di avere la maggioranza. Il caso delle leggi elettorali per la Camera dei deputati, passata e futura, e quella del Consiglio regionale della Sardegna, sono limpidissimi esempi di scuola.
[2] La futura area metropolitana, se mal congegnata, rischia di allontanare ulteriormente i cittadini dagli strumenti di rappresentanza elettiva.
