Sardegna Democratica mi ha chiesto di recensire l’ultimo libro di Bachisio Bandinu. Ve lo ripropongo. I commenti sono disponibili alla pagina
http://www.sardegnademocratica.it/index/culture/articolo/28210/pro-s-indipendentzia-parliamone.html
“Pro s’indipèndentzia è un atto di fede, di speranza e di amore per un’impresa”. L’ultimo libro di Bachisio Bandinu, 135 pagine in sardo e italiano edite da Il Maestrale, è anche altro. È un atto di ribellione. Leva del 1939, Bandinu sa che le grandi idee del secolo scorso, libertà ed eguaglianza, sono in pericolo. Perciò le ripensa e le ripropone. Nel XXI secolo. In Sardegna. Nel bel mezzo della miseria dell’oggi è un’operazione del tutto positiva.
Pro s’indipendèntzia “annuncia un tempo nuovo”. Ogni capitolo del libretto affronta una peculiarità della Sardegna. Una Sardegna figlia della storia lontana e recente. Si va, quindi, dal ruolo dei partiti, alla lingua, alla politica al femminile. I partiti perché “esercitano una funzione negativa”, la lingua perché “se si sopprime la lingua materna si inaridisce la fonte creativa del linguaggio”, la politica al femminile perché c’è “l’opportunità anzi la necessità di esercitare l’identità femminile nella pratica e nella teoria politica”. Ma sono solamente alcuni.
L’obiettivo è, appunto, una terra di liberi ed eguali. Dove viga la democrazia, quasi l’autogoverno. In contrapposizione all’automatismo dell’andare a votare una volta l’anno dei rappresentanti che ben poco rappresentano.
La priorità sta ai rapporti giuridici. Facendo propri gli studi di alcuni sociologi sassaresi, “la dipendenza giuridico-istituzionale che condiziona politica ed economia non permette alla Sardegna di valorizzare il proprio patrimonio di risorse secondo i propri interessi”. Si presume che la dipendenza giuridico-istituzionale alla quale si fa riferimento sia quella italiana. Accantonando il fatto che se la Sardegna è a sovranità limitata rispetto all’Italia, è pur vero che, seppur in modo diverso, l’Italia è a sovranità limitata verso l’Unione Europea e gli Stati Uniti.
Non si fa, inoltre, un bilancio critico di quei paesi che, nel Novecento, hanno lottato per l’indipendenza, anteponendo la questione giuridico-istituzionale a quella sostanziale, la sovranità agita di soriana memoria. La storia di decine di paesi africani, e non solo, ci ricorda che l’indipendenza formale può non significare nulla. Di questo Bandinu se ne accorge parzialmente, quando scrive “la storia è ricca di processi di indipendenza che non hanno esaudito e garantito neppure la democrazia, a volte neanche quella formale”. Pro s’indipèndentzia, però, non approfondisce il rapporto tra internazionale e nazionale, né l’evoluzione della questione nazionale in Europa e nel mondo negli ultimi venti anni. Se ne può fare a meno?
Ugualmente, ci si chiede se è praticabile, rispetto alla globalizzazione, affermare che “non ci si può certamente porre in termini di velleitarie autonomie ma neppure abbandonarsi ingenuamente a facili assimilazioni.
Servono spazi parziali di libertà che non mirano a un’alternativa alla globalizzazione”.
Il Movimento Pastori Sardi, la cui storia è il sedimentato della pratica quotidiana delle campagne, ha un’idea contraria: “oggi […] si contesta […] il ‘Sistema’ nel suo complesso” . Con sistema, in questo caso, si intendono le politiche agricole sarde, italiane, europee e mondiali. Il “Sistema”, appunto. Salvare la Sardegna senza tenere conto dei rapporti “sistemici” (Wallerstein), è possibile?
Bandinu indica un “itinerario, e intanto le cose si dicono e si fanno”. Un processo dinamico. Dove la sovranità agita, che modifica i rapporti di forza, conta più di qualunque dichiarazione formale. D’altra parte, preferiremmo un Soru a capo di una regione autonoma o un Cappellacci a capo di una Sardegna indipendente?
Pro s’indipendèntzia è un cammino, che parte da sé e deve essere collettivo. Altrimenti non sarà. Cominciamolo.
http://www.movimentopastorisardi.org/wp content/uploads/2010/09/manifesto00.pdf, p. 1