Osservazioni a “Bruno Trentin: l’utopia quotidiana”
La CGIL (Confederazione Generale Italiana del Lavoro), ha recentemente rilasciato un corso in modalità FAD (Formazione a Distanza) riguardante Bruno Trentin, dal titolo “Bruno Trentin: l’utopia quotidiana”[1].
Ogni lavoratrice, ogni lavoratore, ogni persona interessata alle questioni del lavoro può trovarci molti aspetti interessanti. Ogni dirigente sindacale ha un bello ed utile strumento in più. La struttura del corso permette l’utilizzo “in pillole” dello stesso e, quindi, ne moltiplica le possibilità di fruizione.
Bruno Trentin è stato uno dei più grandi dirigenti sindacali di sempre. Se dovessi personamente riassumere gli aspetti più rilevanti della sua biografia sindacale, opterei per il contratto metalmeccanico del 1969, e per il “sindacato dei diritti”.
Le lotte metalmeccaniche del 1968-69, epiche ed esemplari, hanno portato ad un contratto, che poi è stato trasposto nello Statuto dei lavoratori, la legge 300 del 1970.
Il “sindacato dei diritti” è l’innovazione proposta da Trentin, da segretario generale confederale, alla fine degli anni ottanta.
Perché tanta attenzione a Trentin? Perché la Carta dei diritti nasce là, nasce dal sindacato dei diritti[2]!
La Carta dei diritti è il grande strumento di riunificazione del lavoro in Sardegna ed in Italia, il quale pone problemi di politica economica e politica estera non ancora pienamente sviscierati, ma rimane comunque l’arma con la quale dire ad ogni sarda, ad ogni italiana: “vedi che ha senso credere e militare in un sindacato?”.
Alcune altre osservazioni che nascono dalla fruizione del corso:
– L’anticonformismo di Trentin è rassicurante, ed è un insegnamento per noi. A fronte di una struttura di per sé burocratica, che tende a premiare, inconsciamente e coscientemente, la “conservazione” dell’esistente, è rassicurante che uno dei più amati segretari generali della CGIL emerga come un uomo che ha avuto il coraggio, e la cittadinanza, di sostenere posizioni estremamente difformi dal sentire comuni e dalle scelte prese dalla organizzazione;
– La formazione, oggi diremmo permanente, è un elemento centrale in ogni battaglia sindacale, strategica, di prospettiva di Trentin. Nel “lavoro concreto” la formazione è elemento di cittadinanza, di inclusione, che non può mai essere posta in secondo piano. Quegli insegnamenti andrebbero oggi riattualizzati alla luce delle nuove trasformazioni del mondo del lavoro, ma la direzione è assolutamente giusta;
– Il sindacato non è ottenere aumenti salariali. Sindacato è dare libertà alle lavoratrici ed ai lavoratori;
– La cultura di Bruno Trentin è l’esempio di come ogni sindacalista, ogni lavoratrice, ogni lavoratore, deve impegnarsi per avere una cultura, una conoscenza, un sapere più elevanto rispetto a quello del suo padrone, del suo superiore.
Oltre questi aspetti, la storia personale di Trentin è esemplare, e racchiude la parte migliore della storia italiana.
Si può non essere d’accordo con Trentin. Nello scambio di lettere tra Trentin ed Pietro Ingrao riguardo l’accordo di fine luglio 1992, con Trentin e favore ed Ingrao contrario, io mi sarei schierato, a maggior ragione vedendo ciò che è accaduto successivamente dopo, con chi era contro la firma dell’accordo.
Si può non essere d’accordo con Trentin, ma non gli si può non riconoscere di essere un esempio per chiunque voglia fare sindacato.
Quando oggi guardiamo la Sardegna, le sue condizioni economico-sociali, lo stato della mobilitazione sociale, dobbiamo imporci di usare l’anticonformismo di Trentin per chiederci dove abbiamo sbagliato, cosa dobbiamo cambiare, e come organizzare il cambiamento.
Enrico Lobina
[1] http://fad.cgil.it
[2] http://www.cartacgil.it