Alla fine degli anni 80 il consenso e la capacità di convinzione della superpotenza statunitense era al suo apice. La vittoria sul socialismo realizzato e la continua crescita economica erano gli elementi sui quali si basava la supremazia, anche morale, degli USA.
In quel periodo venne elaborato e popolarizzato il Consenso di Washington (Washington Consensus). Si trattava di un insieme di prescrizioni alle quali le classi dirigenti di ogni Paese, specialmente quelli in via di sviluppo, si sarebbero dovute attenere.
Oggi non è più così. Gli USA vivono una recessione talmente grave che l’unico precedente comparabile è la grande depressione del 1929. Essi hanno trascinato nella crisi l’intero pianeta.
Il loro consenso, quindi, è in pericolo. E già da qualche anno è apparso, innanzitutto sui libri, il Consenso di Pechino (Beijing Consensus). E’ il tentativo di sistematizzare le opinioni cinesi riguardo lo sviluppo ed i rapporti tra gli stati.
Ma andiamo per ordine.
Nel 1989 il Peterson Institute of Internation Economics di Washington ospitò una conferenza sull’America Latina, durante la quale l’economista John Williamson presentò una lista di 10 politiche economiche da seguire in America Latina. Quella lista divenne il Consenso di Washington. Venne adottato dalle istituzioni finanziarie internazionali negli anni novanta. Divenne la ricetta buona per tutti, che doveva essere accettata pena la riduzione dei doni e dei crediti a tassi agevolati.
Consenso di Washingont
1. Disciplina fiscale;
2. Riordino della spesa pubblica, che deve abbandonare i sussidi non meritocratici e finanziare i beni pubblici (sanità ed educazione);
3. Riforma fiscale;
4. Liberalizzazione del tasso d’interesse;
5. Un tasso di cambio competitivo;
6. Liberalizzazione del commercio;
7. Liberalizzazione degli IDE (Investimenti Diretti Esteri);
8. Privatizzazione;
9. Deregolamentazione, al fine di facilitare l’entrata e l’uscita dai vari settori economici;
10. Una forte protezione dei diritti di proprietà.
Il Consenso di Pechino è, invece, una costruzione teorica più recente. Venne formulata per la prima volta nel 2004 da Joshua Cooper Ramo, un esperto di affari internazionali e di Cina. Secondo l’autore lo sviluppo dell’Impero di Mezzo sta cambiando la Cina e sta esercitando un effetto gigantesco anche fuori dai confini. La Cina, argomenta, sta costruendo un sentiero al quale guardano decine e decine di paesi in via di sviluppo. E i cinesi, che pure mantengono un basso profilo nelle relazioni internazionali, ne sono consapevoli.
La risposta cinese ai fallimenti del Consenso di Washington sarebbe il Consenso di Pechino. Esso, a differenza del primo, fa riferimento agli individui e non alle banche. E, soprattutto, non presenta delle ricette buone per tutti.
Consenso di Pechino
1. Lo sviluppo si deve basare sull’innovazione;
2. Il successo economico non dev’essere misurato sulla base del reddito pro-capite, bensì sulla base della sua sostenibilità e del suo livello di eguaglianza;
3. Autodeterminazione per la Cina e per gli altri paesi nei confronti degli Stati Uniti:
– opposizione al Consenso di Washingon;
– globalizzazione con le proprie modalità;
– l’influenza cinese è un esempio e non un arma;
– sviluppo asimmettrico delle capacità per resistere agli USA.
Sia il Consenso di Washington che il Consenso di Pechino sono stati discussi e criticati. Il Consenso di Washington, ormai definitivamente tramontato, per gli effetti disastrosi che ha avuto nei paesi latinoamericani (Argentina) e non solo. Il consenso di Pechino, invece, è stato criticato perché, a detta di studiosi occidentali e cinesi, non sarebbe rispondente alla realtà.
Una cosa è certa: oggi, mentre si sviluppa una crisi causata dagli USA e dalla sue politiche, si aprono spazi insperati per una politica economica internazionale nuova, corollario di nuove relazioni internazionali tra i paesi del sud del mondo. Innanzitutto tra loro, e poi anche nei loro rapporti coi paesi del nord
30 dicembre 2008, http://www.unmondonuovo.it/news/index.php?option=com_content&view=article&id=102%3Ail-consenso-di-washington-ed-il-consenso-di-pechino-costruzione-teorica-e-realta&catid=43%3Aarticoli&Itemid=66&limitstart=1
Il consenso di Pechino mi lascia perplesso.Il modello di sviluppo che la sostiene all’interno non credo che si basi sull’uguaglianza,ne’ sulla sostenibilità.Il rapporto che ha con i paesi dell’ex terzo mondo è un rapporto neocolonialista al pari di quello statunitense e europeo.L’esempio della penetrazione cinese in Africa è paradigmatico.In pratica :a voi un po’ di infrastrutture (utili soprattutto per l’azione di sfruttamento del territorio ), a noi le vostre materie prime,la manod’opera vostra se è economica e “sicura” (non sindacalizzata),altrimenti ,non ci sono problemi ,la manodopera non ci manca .
Caro Angelo,
il modello di sviluppo cinese è assolutamente originale. Paragonarlo a qualunque altro è fuori luogo.
Per quanto riguarda i rapporti con l’Africa, vale lo stesso ragionamento. Esiste una ragion di stato cinese, che porta la Repubblica Popolare a compiere scelte precise in Africa e, tuttavia, dire che ciò che fa la Cina in Africa è pari a ciò che fecero gli europei mi sembra inesatto.
Comunque, su questi temi è bene che si studi e si approfondisca di continuo
[…] glocale della storia, inventore di una via alternativa tra Adam Smith e Karl Marx) – cf. Il Consenso di Washington ed il Consenso di Pechino. Costruzione teorica e realtà; Breslin, Shaun. (2011) The ‘China Model’ and the global crisis: from Friedrich List to […]