
Oggi, 11 marzo 2013, Sardegna Quotidiano ospita un mio articolo sulle elezioni politiche ed il futuro della Sardegna. Ve lo propongo.
Enrico Lobina
Contro il liberismo, per la Sardegna
Le elezioni italiane hanno avuto un esito non previsto. I mercati finanziari, gestiti da forze che sanno bene come comportarsi, non andranno verso la catastrofe, come alcuni avevamo minacciato o previsto.
Ci sono le elezioni tedesche ad ottobre. Sino ad allora, il futuro dell’Unione Europea non sarà compiutamente affrontato. Dopo le elezioni il vincitore, probabilmente Angela Merkel, dovrà scegliere tra due opzioni. La prima prevede la permanenza dell’euro: la Germania farà acquisti in Italia e l’Italia sarà sempre più una delle parti della UE. La seconda opzione prevede il dissolvimento dell’euro, con il ritorno alle monete nazionali o la creazione di un “euro del nord”.
Sino a quel momento l’UE galleggerà. Tutti si aspettavano un governo Bersani-Monti, con un risultato del MoVimento 5 stelle intorno al 20% ed una sconfitta di Silvio Berlusconi. Così non è stato. Grillo e Berlusconi hanno scompaginato i piani di Napolitano e di Bruxelles.
Il programma del MoVimento 5 stelle è contradditorio. Come noi sono per il reddito di cittadinanza, però sono contro la patrimoniale. Attaccano le politiche europee, ma non discutono di evasione fiscale. Sono contro le grandi opere, ma vorrebbero licenziare i dipendenti pubblici.
Dal punto di vista politico-istituzionale è ancora peggio. Le aperture al fascismo di tanti esponenti del MoVimento 5 stelle è la spia di un movimento che può creare ulteriori danni all’Italia. Come se non ce ne fossero abbastanza.
La Sardegna è stata, per forza di cose, investita dalle elezioni politiche italiane. Ha perso un modo di fare politica. Ha perso un intero gruppo dirigente. Nel culmine della crisi del neoliberismo, chi annuncia quella catastrofe da anni è ridotto all’ininfluenza.
L’ininfluenza è probabile anche in Sardegna. Il vuoto coperto da Grillo, se non ci siamo noi, domani potrebbe essere coperto da altri movimenti peggiori.
Dobbiamo, invece, vivere una comunità ed un progetto. Con estrema solidarietà umana tra chi, in mezzo a mille difficoltà materiali, mette in gioco la propria esistenza. La nostra comunità non può che essere antiliberista e soberanista. Questi sono le uniche coordinate necessarie. Ognuno, poi, mantenga la propria ideologia o micro-organizzazione. Ognuno mantenga i propri riferimenti e le proprie fisime.
Il liberismo sono le politiche economiche e fiscali attuate dalla UE e dalla Banca Centrale Europea. Queste politiche hanno nomi difficili, come fiscal compact e patto di stabilità, ma effetti netti e duraturi: povertà, recessione, licenziamenti, tagli ai bilanci degli enti locali. Essere antiliberisti è un presupposto per ogni forza popolare.
Soberanisti, in Sardegna, significa riconoscere la subalternità della nostre terra rispetto a centri esterni, dal punto di vista economico, politico e culturale. Noi vogliamo che in tutto il mondo ogni popolo sia sovrano.
Assumiamo un linguaggio e un’apertura finora sconosciute. Cominciamo un lavoro per realizzare una nuova società. Sarà un lavoro lungo. La fame crescente lo renderà, però, sempre più urgente.
Una forza non ideologica, quindi, ma ferma nei principi. Oggi molte sigle scimmiottano strutture degli anni ‘70. È come se il Pci di Berlinguer copiasse la struttura del 1920. Altri scimmiottano il partito personalistico, senza comprendere che anche quel modello è stato sconfitto. Nel mezzo c’è una rivoluzione economica, informativa e relazionale. Oggi persone, classi sociali e comunità si relazionano in modo completamente diverso.
Eppure abbiamo bisogno di una forza popolare, alternativa al neoliberismo e soberanista.
