
Cristiano Sabino mi ha chiesto di scrivere cosa penso di Caminera Noa.
Credo che sarebbe bene che tutto il circolo Me-Ti si esprimesse sul progetto, oltre quanto ha già fatto, ed anche alla luce delle novità delle elezioni italiane.
Scrivo queste brevi righe in mezzo ad una vertenza sindacale su 34 licenziamenti non facilissima, che sto seguendo in prima persona, ed essendo la mia prima vertenza sindacale di questo tipo, la sento un pochino, per cui i ragionamenti che faccio non sono sistematizzati quanto vorrei.
La prima novità è che il quadro politico che conoscevamo semplicemente non c’è più. E’ emerso un grande attore: il movimento 5 stelle, che in Sardegna raggiunge percentuali che, credo, mai ha raggiunto neanche la DC.
Cosa vogliamo fare rispetto a questo? Comportarci come prima, cioè ignorando i cinque stelle?
Cosa pensano i cinque stelle della Sardegna? Cosa pensano della lingua? Cosa pensano dei rapporti tra Sardegna ed Italia? Che modello di sviluppo propongono? Cosa pensano delle basi militari?
Se c’è la possibilità di cambiare, mediante loro, ben venga il movimento cinque stelle.
Caminera Noa si vuole esprimere su questi aspetti, o vuole mantenere posizioni “classiche”? Devo dire che quando sento la parola “sinistra” mi viene l’orticaria. Pensiamo che serva definirsi di “sinistra” per essere riconosciuti?
Allo stesso modo, non riesco a capire perché progetti politici già falliti in passato (Rifondazione Comunista e le sue innumerevoli scissioni) debbano essere riproposti in Caminera Noa.
Caminera Noa non ha la forza di diventare un soggetto politico strutturato. Deve invece decidere di lavorare per contare nello scenario politico sardo e, contemporaneamente, portare avanti un processo di studio, elaborazione di proposte di governo, realizzazione di alleanze sociali, creazioni di reti. Deve essere nei quartieri e nei social, nei paesi e nel dibattito culturale.
Faccio questi ragionamenti dopo un risultato elettorale che ha visto il movimento sovranista/indipendentista sulla difensiva, con risultati negativi. Col principio una testa un voto, a partire dai programmi e dalla leadership, si può lavorare ad una convergenza nazionale, che possa poi decidere come muoversi sullo scenario politico. Se, invece, si preferiscono le decisioni di vertice alla partecipazione popolare dal basso, si faccia pure, ma senza di me.
