Leggo su L’ Unione Sarda che la dirigenza del PD ha deciso di traslocare dallo “storico” palazzetto di via Emilia per una nuova sede in un edificio della via Roma, in prossimità del Consiglio regionale. La motivazione sarebbe da ricercare nella maggiore centralità. Non voglio entrare nelle ragioni del trasferimento, non le conosco e sarebbe poco serio prenderle in esame. Quel che mi interessa è richiamare brevemente la storia che portò all’ acquisto del palazzetto di via Emilia perché essa incorpora dedizione, idealità, impegno e sacrifici quotidiani.
Negli anni Cinquanta, quando iniziai la mia militanza nella gioventù comunista, la Federazione ed il Comitato regionale del PCI erano nella via Roma in un edificio adibito quasi esclusivamente ad abitazioni. Nel 1957 venne deciso il trasferimento del Comitato regionale in un palazzo del viale Regina Margherita, attiguo alla sede dell’ INPS.
Nei primi anni Sessanta un attentato alla Federazione di via Roma (una bomba aveva divelto il portoncino d’ingresso) portò alla decisione di trasferirla . La difficoltà a reperire una sede in affitto, considerato il pericolo di qualche attentato che motivava il trasferimento, portò alla decisione di acquistare un appartamento nella via Asproni.
Ben presto i nuovi locali si dimostrarono insufficienti. Vi era anche l’esigenza di accorpare i locali della Federazione e del Comitato regionale. Così nella seconda metà degli anni Settanta venne deciso l’acquisto del palazzetto di Via Emilia. Vi erano varie opzioni ma si decise per tale edificio in considerazione del carattere popolare del quartiere e soprattutto per agevolare i militanti chi venivano da fuori Cagliari.
I mezzi finanziari erano limitati ma erano anni in cui il PCI andava crescendo ed accentuava il suo carattere di partito di massa. Occorreva coraggio. Ad infonderlo era il clima di grande dedizione che in quegli anni caratterizzava la militanza, e che pertanto avrebbe favorito lo sforzo finanziario. Tutti i militanti e soprattutto i dirigenti che ricoprivano un incarico pubblico erano chiamati ad un tale sforzo.
In quegli anni ero consigliere comunale di Cagliari. Ricevevo un modesto gettone di presenza per le sedute del consiglio ma di fatto non ho mai visto un centesimo perché tutto era destinato al pagamento della nuova sede. Naturalmente al momento della dichiarazione annuale del reddito bisognava pagare il relativo ammontare tributario. Devo dire che eravamo ben felici che così fosse perché sentivamo di partecipare alla realizzazione di una forte organizzazione dei lavoratori, carica d’ idealità e capace d’incidere nella società.
Ecco perché leggendo la notizia del trasferimento avverto la fine di una storia . Non so, e non voglio pensare che il trasferimento sia finalizzato a reciderne le radici . Ma è un risultato che oggettivamente appare negativo anche perché sono molti i segnali della volontà di rottamare una grande storia umana. E’ facile comprendere che certi disegni politici possano passare più agevolmente se si eliminano anche i segni visibili che la richiamano.
Francesco Cocco
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