Il 24 novembre a Cagliari
Enrico Lobina
Giuseppe Onano
Il 24 novembre si terrà a Cagliari una manifestazione indetta da CGIL, CISL e UIL. Gli organizzatori vogliono inserire in un quadro unitario le situazioni di malessere presenti in Sardegna.
Nella conferenza stampa di presentazione i sindacati si sono scagliati contro la giunta regionale, accusata di incapacità nella gestione della crisi, e contro il governo Monti, colpevole di non considerare l’eccezionalità della situazione sarda. Non una parola di autocritica, non una che mettesse in discussione l’economia neoliberista, non una di riflessione sul rapporto ormai logoro tra Italia e Sardegna. Se si prescinde da questi punti, se non si colgono i nessi esistenti tra loro, non si va da nessuna parte.
La giornata di agitazione europea del 14 novembre aveva come parola d’ordine il no all’austerità. L’austerità è il modo con cui UE (Unione Europea) e FMI (Fondo Monetario Internazionale) stanno scardinando il modello di stato sociale fin qui conosciuto. L’UE sta imponendo in tutti i paesi il modello neoliberista, anche in settori dell’economia che finora avevano resistito all’assalto partito negli anni ‘90. L’attacco ai diritti sul lavoro, il taglio ai servizi pubblici, all’istruzione e alla sanità non sono misure neutre. Sono misure figlie di questa ideologia.
Lo smantellamento del tessuto industriale sardo è partito prima che lo spread diventasse il nostro incubo quotidiano. Unilever, che produceva gelati alle porte di Cagliari, ha chiuso i battenti nel 2007 per aprire in Polonia. Uno stato non può calmierare il prezzo dell’energia per rilanciare l’attività industriale in un periodo di difficoltà, ma una multinazionale può chiudere i battenti dall’oggi al domani. Questo è il libero mercato. Come Unilever hanno fatto Alcoa, Rockwool, ENI e tante altri, da Porto Torres a Cagliari, passando per il deserto industriale che è oggi il nuorese.
I nostri sindacati, di fronte ad una guerra dichiarata, cosa chiedono con la manifestazione del 24? Lo status di insularità! Invece di impugnare la bandiera della lotta europea al neoliberismo, promossa dalla Confederazione Europea dei Sindacati (di cui loro fanno parte), vorrebbero presentarsi col cappello in mano a chiedere l’elemosina al governo italiano. Questi signori sembrano avulsi dal contesto sociale e dal momento storico in cui si trovano. Nemmeno l’esplosione di rabbia del popolo del Sulcis ha fatto capire loro che in questa fase bisogna prendere per mano il proprio destino.
Dobbiamo capirci: chi è l’avversario? Cappellacci è il peggior presidente che una giunta regionale sarda abbia mai avuto. Tuttavia, pensare che tolto lui i problemi si risolvano è pura fantasia. Chi sono i nostri alleati? Possiamo ancora sperare che l’aiuto provenga dalla benevolenza di qualche ministro che siede a Roma?
È necessario che dalla Sardegna parta una battaglia per la conquista della sovranità. Sovranità decisionale, politica, fiscale, energetica, culturale.
Battaglia per la sovranità e battaglia contro il neoliberismo vanno di pari passo. Le politiche di austerità vengono calate sulle nostre teste da Bruxelles. Se ottenessimo anche il livello maggiore di sovranità possibile, cioè l’indipendenza della Sardegna, ma rimanessimo entro il recinto del neoliberismo, nelle nostre vite non cambierebbe niente. Di fronte all’impoverimento e alla rassegnazione della nostra gente, dobbiamo intraprendere questa sfida. Una sfida coraggiosa e alta. L’unica degna di essere combattuta.
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