Un profondo rinnovamento della politica a Cagliari sarebbe in grado di influenzare tutta la politica regionale, sempre più immobile e autistica. Esponiamo una proposta di intervento pubblico, tra le tante possibili e necessarie, il cui obiettivo è il rafforzamento della connessione tra produzione locale e domanda alimentare urbana, in modo da creare dal lato dell’offerta uno stimolo ai produttori che operano nella provincia e in Sardegna, e dal lato della domanda un miglior rapporto qualità/prezzo per i commercianti e i consumatori.
Nell’autunno del 2010 i pastori sardi hanno varie volte invaso Cagliari. Probabilmente continueranno a farlo. Nonostante una vergognosa campagna dell’Unione Sarda, volta a ridurre il problema agricolo a ordine pubblico (“i pastori bloccano la città….guerriglia urbana dei pastori a Cagliari”!), i cagliaritani non hanno nulla contro i pastori. Anzi. Cagliari, centro che raccoglie figli di tutti i comuni della Sardegna, ha legami di sangue con quel mondo.
Il Comune, nonostante le dirette responsabilità in materia di mercati civici, non ha mai cercato di legare la nostra produzione agricola al miglioramento della qualità della vita dei suoi abitanti. Al contrario, la prostituzione della città ai grandi centri commerciali ha solamente creato disoccupazione, povertà per i produttori agricoli, danni alla salute. Alimentazione, infatti, significa salute. Ma non solo. Significa reddito per chi i prodotti agricoli li produce e, quindi, benessere se questi prodotti sono sardi e sani. E se i prodotti non varcano oceani e nuove colonne d’Ercole, anche minore inquinamento (altra priorità del secolo XXI).
Abbiamo una proposta: cambiamo il sistema. Facciamo in modo che il comune di Cagliari affronti il tema in modo esattamente contrario rispetto a quanto è stato fatto fino ad oggi. Pensiamo ad un ente che, mettendo insieme le competenze storiche del comune (mercati civici, regolamentazione del commercio) nonché nuove porzioni di “sovranità”, sia in grado di coordinare gli ordinativi dei commercianti desiderosi di partecipare al progetto con le possibilità produttive degli associati. Il progetto è semplice: permettere ai commercianti al dettaglio, che sono dentro e fuori i mercati civici, di poter vendere a prezzi competitivi prodotti sani e locali.
L’ente, inserendosi nello scarto tra il prezzo al produttore e quello al consumatore, dovrebbe essere in grado di arrivare a una mediazione vantaggiosa: escludendo i numerosi passaggi che intercorrono nella grande distribuzione, che verrebbero ridotti a una filiera più breve e controllabile: produttore-ente-commerciante-consumatore. In virtù della sua posizione dominante nella filiera l’ente pubblico è in grado di inserire una serie di criteri, anche non di mercato, riguardo la qualità dei prodotti ed il livello dei costi.
Paradossalmente, solo l’intervento pubblico è in grado di ripristinare le condizioni di equilibrio di mercato, che invece, abbandonato a se stesso, è vittima delle speculazioni dei grandi gruppi semi-monopolistici della grande distribuzione. Sostanzialmente è a questi gruppi che deve sostituirsi, giocando il ruolo di una sorta di grossista e saldando una alleanza tra produttori, piccola distribuzione e cittadini-consumatori, nel nome di una filiera alternativa. L’ente può valutare se trattenere un profitto dal passaggio commerciale o effettuarlo al livello dei costi o non applicare alcuna variazione al costo iniziale.
I commercianti, da parte loro, non dovranno avere necessità di imporre rincari eccessivi perché grazie a una potente operazione di marketing e promozione (si può anche creare un marchio) e a un miglior rapporto qualità/prezzo (se non proprio un prezzo inferiore in valore assoluto) rispetto alla grande distribuzione, dovrebbero riuscire a incrementare le vendite e a guadagnare maggiori quote di mercato. Si avrebbe così una maggiore integrazione tra produttori e distribuzione.
L’acquisto tramite un unico intermediario pubblico di quantità importanti di prodotti alimentari, a prezzi vantaggiosi rispetto alla grande distribuzione, permetterà di potenziare l’offerta utilizzando le capacità produttive sottoutilizzate e incentivando nuovi investimenti. In questo modo si può favorire un circolo virtuoso fatto di sviluppo economico, creazione di posti di lavoro, lotta al carovita, promozione delle produzioni locali, miglioramento della qualità dell’alimentazione e, quindi, rinascita del tessuto commerciale urbano.
Chiaramente non mancheranno le resistenze da parte di quei settori che hanno fatto della speculazione e della pessima qualità la loro ragione sociale, che non avranno scrupoli ad arrivare a una vera e propria guerra commerciale, sino ad azioni di dumping. È necessario che la Regione metta dei limiti, che protegga il settore agro-pastorale e l’industria alimentare sarda dalla concorrenza illegale, sia che essa provenga dall’estero o dalle regioni italiane, perché altrimenti perderemo quello che resta della nostra sempre più debole produzione.
È necessario avere il coraggio di contrastare tutte quelle scelte, prese da centri di potere estranei alla Sardegna, che ci impoveriscono ogni giorno di più.
Pubblicato su www.sardegnademocratica.it/index/economia/articolo/26995/prodotti-agricoli-mercati-salute-una-proposta-per-cagliari.html
ottobre 2010