
Per un fine settimana di ottobre Guomao, centro del quartiere degli affari di Pechino, è stato più trafficata del solito.
A Guomao si son date appuntamento, per la fiera internazionale dell’educazione superiore, le migliori Università del mondo. Con stand futuristici e decine di offerte lottano per una parte degli studenti cinesi. Quelli vogliosi di andare all’estero.
Ci sono anche i cinesi che vogliono rimanere nell’Impero di Mezzo. Sono la stragrande maggioranza. Per loro il regime sta organizzando un sistema dell’alta formazione che si apre al mercato (pagamento delle tasse, apertura a finanziamenti privati, creazione di università private) e che punta sull’internazionalizzazione (apertura alle università straniere, scambio di studenti e ricercatori e finanche gestione delle scuole e delle università cinese con partner stranieri). La Cina, inoltre, sta vivendo la massificazione dell’Università che l’Italia conobbe a fine sessanta e durante gli anni settanta.
Gli studenti che affollano gli stand della Fiera internazionale di Guomao sono decine di migliaia, forse centinaia di migliaia. Cercano informazioni, e possibilmente borse di studio. Immaginano vite dorate e da telefilm nei paesi occidentali di cui tanto, tra pubblicità, internet e televisione, hanno sentito parlare. Sognano una vita diversa. Sono anche disposti a pagare, a prosciugare anni di risparmi dei genitori. Per entrare in paradiso questo e altro.
L’università all’estero, infatti, è il lasciapassare per un futuro ricco e felice. Così pensano, e così è stato fino ad ora. La crisi economica mondiale porta con sé ancora più concorrenza, e perciò ancora più foga nella ricerca della qualità.
Gli studenti sfruttano l’abnegazione allo studio tipico dei paesi a cultura confuciana e l’immenso bisogno del mercato del lavoro cinese di personale altamente qualificato. Molti di loro, finiti gli studi, torneranno a Pechino, Shanghai e nelle altre città. A differenza di altri paesi poveri, infatti, la Cina ha capito che puntare sull’innovazione e la tecnologia è uno dei mezzi attraverso i quali mantenere alti tassi di crescita economica e sociale.
Le Università più importanti, alla ricerca di grandi incassi e grandi menti, sono tutte qua.
L’area dedicata agli USA è la più frequentata. Qua ci sono le Università più costose, ma anche quelle più all’avanguardia. L’interesse è reciproco: i cinesi hanno bisogno dell’alta formazione migliore al mondo, e le università statunitensi hanno bisogno di ricercatori stranieri all’altezza. I loro non bastano. Le università USA sono piene di ricercatori italiani e asiatici.
Poi Australia, Gran Bretagna, Giappone, Corea.
E dopo, solo dopo, l’Europa. Spagna, Francia, Olanda, Germania. Tutte presenti in forze. La zona italiana è riempita da una decina di Università e Istituti superiori. L’interesse cinese c’è, anche per l’apprendimento della lingua.
L’Università italiana potrebbe dire la sua. Ci sarebbe bisogno di soldi e di una politica universitaria capace di guardare lontano. Il contrario della riforma Gelmini, insomma. In questo modo, forse, i cinesi troverebbero il loro paradiso qua, in un paese europeo al centro del Mediterraneo.
pubblicato su http://www.unmondonuovo.it/news/index.php?option=com_content&view=article&id=174:cina-2008-studenti-bussano-alle-porte-del-paradiso&catid=65:archivio2009&Itemid=87
