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Il movimento 5 Stelle e il movimento studentesco cagliaritano – Analogie e differenze – Matteo Quarantiello

March 25th, 2013  |  Published in Politica, Sardegna

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Matteo Quarantiello mi ha proposto una riflessione sul MoVimento 5 stelle e Unica 2.0. Lo considero un contributo da cui partire. Faccio solamente una precisazione e una considerazione. La precisazione è che il referendum di cui parla alla fine dell’articolo è il referendum sull’acqua pubblica del giugno 2011. La considerazione è che io metterei a disposizione innanzitutto della Sardegna ciò che si è fatto nel laboratorio politico sardo.

Buona lettura.

 

 

 

Il movimento 5 Stelle e il movimento studentesco cagliaritano

Analogie e differenze

La recente tornata elettorale ha portato, fra le altre cose, l’inaspettato (almeno nelle proporzioni con cui si è concretizzato) successo del Movimento 5 stelle. A pochi giorni dal secondo congresso pubblico dell’associazione Unica 2.0 mi permetto di evidenziare alcune analogie e differenze fra il movimento di Grillo e quello studentesco universitario di Cagliari, affinché possano essere estrapolati spunti di riflessione interessanti circa le pratiche politiche, le forme organizzative e gli strumenti di comunicazione che oggi fanno da padroni.

Unica 2.0 ha ereditato, aldilà del come e in quali termini, parte della partecipazione studentesca universitaria a Cagliari dopo l’onda del 2008. Questo è un fatto pressoché oggettivo, poiché quando la spinta del movimento si è esaurita, come è noto, a restare in piedi dopo la risacca dell’onda, per quanto travolgente e rivoluzionaria potesse essere, sono state le strutture organizzate: collettivi e associazioni. In particolare i primi anni dell’associazione ebbero una forma organizzativa fortemente movimentista, dalle pratiche interne alla gestione complessiva, specie per la logica del “chi c’è decide” e per le identiche dinamiche, inclusive da un lato ed escludenti dall’altro, tipiche di un movimento.

La vittoria schiacciante alle elezioni del 2009 lasciò dunque tutti sorpresi: studenti, docenti, associazioni rivali e li stessi aderenti a Unica 2.0. Questa è la prima grande analogia col risultato del M5S, un risultato inaspettato che ha prodotto in entrambi i casi lo stesso effetto collaterale: l’incapacità di gestire il consenso ottenuto. All’indomani della vittoria alle universitarie furono eletti tantissimi ragazzi e ragazze che chi lavorò per la formazione delle liste non si aspettava venissero eletti. Non fu certo una cattiva sorpresa ma fu senza dubbio una sorpresa, e in quanto tale, per il suo carattere inaspettato, regalò una situazione difficilmente gestibile per la inadeguata struttura organizzativa presente, in parte identificabile quasi esclusivamente nell’UDU e in misura ridotta nei Giovani Comunisti.

Vi fu inoltre anche una difficoltà di merito, poiché in assenza di una realtà strutturata non c’era stato un lavoro di formazione, preparazione e adesione a un progetto chiaro con la giusta consapevolezza. L’adesione avvenne in modo repentino, perché i futuri candidati si avvicinarono spinti dall’idea che Unica 2.0 dava di se in modo immaginario e con poche parole d’ordine.

Il M5S, per quanto la mia osservazione avvenga da un punto di vista esterno, ritengo sia vittima della stessa dinamica. Ad essere eletti sono stati tanti parlamentari che non hanno una omogeneità complessiva su un progetto strategico a lungo termine. La gestione fortemente centralizzata impedisce inoltre processi democratici dal basso, che, nonostante la presenza dalla rete, abbisognano di tempo per sedimentarsi e per produrre quell’omogeneità nei contenuti necessaria a elaborare un progetto di carattere complessivo.

Con questo non intendo dire ne che il M5S non abbia un programma. Il programma c’è, manca invece un progetto organico di società, e talune battaglie messe in campo sono persino condivisibili se prese singolarmente, ma non alludono complessivamente a un orizzonte definito e spesso sono trasversali a campi politici con orizzonti strategici divergenti.

In questo processo aggregante di movimento e in questa proiezione esterna in cui diventa preponderante l’idea che si da di se, piuttosto che ciò che si è realmente, i contenuti passano talmente in secondo piano da poter essere omessi o diventare secondari, strumentali e in ogni caso slegati da un progetto complessivo (che può quindi essere presente o addirittura mancare totalmente). Rispetto a questo Unica 2.0, fu capace di “aggiustare il tiro” in corso d’opera, non senza pesanti ricadute interne ed esterne (e tra l’altro riuscendoci soltanto in parte). Per ora il Movimento di Grillo non pare aver avviato correzioni simili.

All’indomani della vittoria elettorale Unica 2.0 mise in campo, parallelamente a una frenetica attività che spaziava dalla rappresentanza all’associazionismo, misure correttive interne atte a garantire democrazia e partecipazione nel processo decisionale. Un processo difficile, questo di correggere le contraddizioni interne, che non può dirsi ancora compiuto e sul cui merito non intendo approfondire ulteriormente in questo testo per brevità.

Intendo azzardare insomma che Unica 2.0 avrebbe vinto quella tornata elettorale anche senza adottare quelle “misure correttive”, che infatti sono arrivate soltanto successivamente, e che hanno permesso al progetto politico di non prendere una deriva qualunquista e slegata dai problemi reali. Fecero da garanti le realtà pre-esistenti che fondarono il progetto ma sopratutto i punti fermi imprescindibili che hanno funzionato da bussola politica e che col tempo si sono sedimentati e hanno fatto di un “immaginario” un progetto chiaro e organico di Università, figlio di quella approfondita elaborazione politica che arrivava dal movimento universitario dell’Onda.

L’immaginario che Unica 2.0 e il M5S sono stati in grado di trasmettere è la vera chiave del successo in termini di consenso e voto d’opinione, preso naturalmente atto delle dovute proporzioni e chiariti i distinguo in termini di evoluzioni successive. Questa riflessione non vuole ridurre una questione sostanziale a puro tecnicismo o a pura riflessione metodologica ne evitare un problema politico sostituendolo con una scorciatoia organizzativa.

Ma al contrario intendo chiarire che l’immaginario che si da all’esterno non produce automaticamente un buon progetto politico (Unica 2.0, con tutti i limiti) ma al contrario può dare spazio a un movimento politico fortemente accentrato e ingabbiato in una struttura organizzativa inadatta al consenso ottenuto (Il M5S).

Prima di tirare le fila vorrei introdurre altri due concetti chiave da sviluppare che si uniscono a quello comunicativo di cui ho parlato sopra.

Il primo riguarda l’idea di “nuovo” e in questo sta un’altra fortissima analogia. Grillo ha saputo innovarsi nel linguaggio, nelle pratiche, nella comunicazione. Unica 2.0, a partire dal nome, si è proposta con un atteggiamento di discontinuità rispetto alla rappresentanza precedente.

Se nella politica tradizionale si continuava ad attaccare manifesti e distribuire volantini, c’è chi ha intrapreso binari differenti a livello comunicativo ed è riuscito ad apparire come nuovo, diverso, in controtendenza rispetto al vecchio, visto come la causa di tutti i mali.

Il concetto secondo cui “qualcosa che appaia nuovo non significa necessariamente che lo sia”, introduce una sostanziale questione di metodo che ha di fatto permesso a compagini politiche fino ad allora assenti o fortemente isolate, di arrivare laddove le strategie delle forze politiche storiche faticano anche solo ad avvicinarsi. Non è dunque importante essere nuovi veramente ma dare l’idea di esserlo, anche perché quest’esigenza di novità nella pratica non ha una corrispondenza sostanziale di una qualche rilevanza. Innovare cosa? Giovanilismo? Sono sempre stato scettico a queste semplificazioni.

La sinistra di SEL e PD in queste elezioni ha introdotto con forza l’idea delle primarie, raccontate come elemento d’innovazione, di differenziazione e di partecipazione dal basso. Le contraddizioni non sono mancate, di fatto non avevano un carattere chissà quanto innovativo e inoltre sono riuscite a trasmettere quel messaggio soltanto in parte. Peggio ancora è stato per Rivoluzione Civile, che ad innovarsi non ci ha manco provato, anche se raccontava di aver cambiato tutto. Dal riciclo di ceto politico, all’ennesimo esperimento di cartello elettorale (una Sinistra l’Arcobaleno in sedicesimi) ha avuto una conseguente risposta dall’elettorato.

Il punto d’approdo di questo passaggio sta nella risposta delle altre forze politiche dinnanzi al nuovo che avanza: ignorarlo o imitarlo non serve. Ignorare o sminuire la portata del M5S produce a mio avviso gli stessi effetti che il tentativo di sminuire o di considerare isolata la vittoria di Unica 2.0 alle universitarie del 2009 ha avuto nell’Ateneo sardo. Alle elezioni successive Unica 2.0 è passata dal 44% al 63%, attraversando l’importante vittoria dell’ERSU e quella dei rappresentanti nei consigli di corso. Similmente i tentativi d’inventarsi nuovi contenitori che imitano l’ondata rappresentata dal movimento, com’è avvenuto a Cagliari, sono destinati ugualmente a fallire.

Sforzarsi di comprendere e analizzare gli aspetti positivi e negativi che invece ha rappresentato il movimento è un passaggio indispensabile per comprendere la società che spesso si ha la pretesa di rappresentare.

Il secondo concetto riguarda invece l’inclusione e vorrei introdurlo citando Angelo d’Orsi che scrive in un suo recente articolo: “Differenziarsi, non significa parlare solo a chi è già dalla tua parte: occorre coinvolgere e convincere chi invece non è dalla tua parte, facendo passare il contenuto non lo schieramento. Occorre per vincere allargare il proprio campo, invece di restringerlo con parole d’ordine escludenti […]”.

Qui si palesa il fallimento della sinistra (tutta) da un lato, che ha agito in modo dannatamente escludente, e la vittoria emblematica di Grillo, che sebbene attraverso una buona dose di populismo, ha saputo parlare tanto con l’operaio, quando con la “signora in fila alle poste” quanto coi giovani.

Anche Unica 2.0 ha fatto dell’inclusione massima il suo cavallo di battaglia. Ha incluso tutti gli studenti, le associazioni, le realtà più o meno organizzate, l’ha fatto non facendo un ammucchiata o un cartello elettorale, l’ha fatto in modo egemonico, l’ha fatto sui temi, ha ampliato la sua base di consenso riempendo qualsiasi spazio politico e affermandosi come un soggetto politico autorevole, senza inseguire nessuno ha corso dritta per la sua strada, lasciandosi tutti alle spalle. Sopratutto ha fatto di questo principio una parola d’ordine costante, che gli ha permesso di aggregare e avvicinare nuove leve costantemente, non una tantum, ma in un processo in itinere.

Il tema dell’inclusione ma più in generale dell’allargamento egemonico della sinistra è quindi il punto centrale che può permettere a una compagine politica storicamente minoritaria come la Sinistra di porsi come forza di maggioranza nel Paese. Le battaglie per i referendum sono forse il più recente esempio lampante di vittoria della sinistra, una battaglia politica di chiara connotazione ma che è stata portata avanti attraverso valori e principi fissati come punti fermi imprescindibili, non come come presupposti ideologici aprioristici. L’Italia bene comune ha in questo senso responsabilità precise che la dicono lunga sul come si sia buttato via un potenziale enorme presente nel Paese. Non a caso un associazione come Unica 2.0 è stata attivissima in queste battaglie, come in quelle sui diritti civili e in tante altre.

La sfida per le prossime settimane e per i prossimi mesi sarà di prendere quanto di buono c’è in un laboratorio politico come quello sardo per metterlo a servizio di un progetto organico e complessivo in grado d’intercettare la diaspora comunista e di sinistra in questo Paese. L’obbiettivo è quello d’incanalare quelle energie in un movimento che rimetta in pista la sinistra, e lo faccia superando quei limiti insiti in processi di questo tipo senza perdere la potenzialità che sappiamo che può scatenare. Il nostro tempo è qui e comincia adesso.

Matteo Quarantiello

 

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