L’Unione Sarda ha pubblicato un mio contributo, che vi ripropongo qua nella sua versione integrale.
Enrico Lobina
L’orticaria ed una speranza
Per ragioni economiche ho passato tutta l’estate in Sardegna, a Cagliari. Così come i paesi la capitale, per la mia generazione, è in estate il luogo dove si incontrano gli emigrati. Ogni gruppetto, ogni crocicchio accoglie qualcuno partito, che racconta come vive e cosa fa. Il ragionamento si incaglia sempre su chi si sta preparando a partire. Mai il contrario. Il call center in Repubblica Ceca (“mi danno 700 euro, ma almeno là ci vivo”), diventa una soluzione ragionevole.
Quando sento le parole “sinistra” e “nuovo modello di sviluppo”, mi viene l’orticaria. Non per le parole in sé, ma per chi le pronuncia. I miei coetanei quasi mai.
Mentre la Sardegna precipita, ancora ci sono sindacalisti e politici che raccontano che il futuro è la Portovesme Srl, la chimica verde ed Alcoa. Abbiamo provato per 40 anni a crescere col petrolchimico, e siamo affondati. Ancora quella è la prospettiva?
Il 28 luglio 2015 è stato presentato il manifesto “Sardegna Terra Viva”. In Sardegna si produce molta più energia di quanto se ne consuma, ma abbiamo prezzi alti e continui tentativi speculatori. E ancora c’è chi punta al carbone, in barba ad ogni lotta al cambiamento climatico (va bene la lotta al cambiamento climatico, ma nei convegni e soprattutto dopo tutto il resto). L’Europa stabilisce una chiara gerarchia dei rifiuti (prevenzione, riutilizzo e riuso, e diminuzione dell’incenerimento) ed i nostri politici sono d’accordo, anche a “sinistra”, ma poi si stanziano centinaia di milioni di euro per nuovi inceneritori, che potranno accogliere anche rifiuti italiani.
L’agricoltura, il ritorno alla terra, è benedetto ai quattro venti, ma non si mette in discussione il modello di agricoltura finora seguito, e come la catena del valore si forma. Importiamo l’80% del fabbisogno alimentare, ma l’unico obiettivo è esportare.
Il manifesto “Sardegna Terra Viva”, su questi temi e sull’utilizzo del suolo a fini produttivi, per il popolo, impegna la politica. La politica vuole rispondere o far finta di nulla?
Siamo per la piccola e media industria, di trasformazione e di precisione, meccanica e tecnologicamente inventata. Industria non è solamente petrolchimico ed inquinamento (cosa diremo ai nostri figli malati?).
Naomi Klein, nel libro “Una rivoluzione ci salverà – Perché il capitalismo non è più sostenibile” ha riconnesso i fili di un modello di sviluppo che, su livello planetario, è insostenibile. I suoi effetti saranno tragici per i poveri di tutto il modo, se non vi sarà una rapida riconversione produttiva ed energetica, e per le aree, come la Sardegna, che sono in quei contesti ecologici più a rischio.
A cadenza sempre più ravvicinata i giornali raccontano di eventi atmosferici che mai si sono presentati con tanta frequenza ed intensità: da ultimo, le grandinate della settimana scorsa.
Una regione nazione deve avere un ruolo forte su questi temi, disegnando il futuro suo e dell’area. Ad Obama diciamo di stare zitto: prima ha distrutto la Libia ed il Medio Oriente, e poi biasima l’Europa sugli immigrati. Facciamo da soli, grazie.
Da Nuoro a Porto Torres avanzano coalizioni sociali che immaginano un modo diverso di governare e di disegnare il futuro. Le realtà civica di Cagliari Città Capitale darà un futuro a quella generazione di immigrati che abbiamo incontrato questa estate, ma i genitori, ed i parenti, capiscano che le vecchie strade portano sicuramente alla rovina.
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