danilo cocco fausto durante

Riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario in Sardegna

Riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario in Sardegna. Una proposta della CGIL su cui condurre una battaglia generale

Si è recentemente concluso il congresso della CGIL sarda, che ha eletto segretario generale Fausto Durante, già recentemente chiamato a guidare il più grande « organismo intermedio » dell’isola, Chiesa esclusa.

Una delle priorità su cui si concentrerà la CGIL sarda nei prossimi anni sarà la realizzazione di una generalizzata riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. L’obiettivo è far stare meglio le lavoratrici e lavoratori di Sardegna, e realizzare una « buona pratica », cosi’ da estendere questo processo storico a tutta l’Europa e, possibilmente, anche alla sponda sud del Mediterraneo.

In tutto il mondo si stanno sperimentando esperienze di settimane lavorative di quattro giorni e massicce riduzioni delle ore lavorate, con mantenimento della paga iniziale. I risultati sono entusiasmanti : la produttività non diminuisce, l’occupazione aumenta, il tempo libero ugualmente. Insomma, il benessere collettivo fa un balzo in avanti.

In questi decenni, effettivamente, le nuove tecnologie e la digitalizzazione hanno realizzato un enorme aumento della produttività in moltissimi settori produttivi, a cui però non é corrisposto né un aumento massiccio dei salari né una diminuzione delle ore pro capite lavorate.

L’Intelligenza Artificale (si pensi a ChatGPT) già nei prossimi mesi e anni accentuerà questi fenomeni.

La proposta della CGIL sarda é chiara.

Le invitate e gli invitati al Congresso si sono trovati d’accordo sulla prospettiva ed hanno auspicato che si facciano esperimenti.

Recentemente Pietro Ichino, intervistato sulla proposta cgiellina, l’ha bocciata perché passare da 40 a 32 ore settimanali avrebbe come effetto un calo della produttività.

A parte il fatto che in tanti posti di lavoro l’orario settimanale é già di 36-38 ore, nulla impedisce di portare avanti degli esperimenti, magari localmente e temporalmente limitati, e poi di verificare i risultati.

Rimane il dubbio che affermazioni come quelle di Ichino vogliano far acquisire alla « controparte » decenni di aumenti della produttività senza colpo ferire, ed ipotecare anche quelli futuri.

Ad un ragionamento obiettivo, tuttavia, nessuno puo’ affermare che il tema non sia in campo.

Si esprima la politica sarda (tra un anno si vota), anche con impegni concreti.

Si esprimano le organizzazioni datoriali, le centrali cooperative, gli intellettuali e le rappresentanze giovanili.

Chi può agire agisca.

Esistono grandi aziende private, da Saras ad Amazon, da As do Mar a Tiscali, da 3A al Banco di Sardegna, che possono essere avanguardia.

Il pubblico, in senso lato, deve essere apripista.

Le Università di Cagliari e Sassari, che hanno di per sè eccellenti capacità di valutazione, possono iniziare immediatamente.

La Regione Sardegna ha un sistema di contrattazione collettiva di primo livello che coinvolge complessivamente circa 11.000 lavoratrici e lavoratori. Può immediatamente modificare le norme sull’orario di lavoro. Lo farà? Quando?

Il XXI secolo puo’ essere il secolo delle guerre e delle catastrofi climatiche, ma anche un secolo di pace, di miglioramento ambientale e di avanzamento sociale. La riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario si inserisce in questa prospettiva di lungo periodo.

La Sardegna, le sarde e i sardi, possono decidere da che parte vogliono stare.