In Sardegna si spende un’enormità in gioco d’azzardo. 1,6 miliardi di spese, a fronte di 1,2 miliardi di vincite[1]. La differenza, 400 milioni di euro, è pari a circa 250 euro a testa all’anno.
Il PIL complessivo della Sardegna è di circa 33 miliardi di euro, ed una finanziaria regionale vale più o meno 7 miliardi di euro.
L’enormità del fenomeno è chiara.
Federico Fubini ieri sul Corriere della Sera ha dato un quadro della situazione italiana, coincidente con quella sarda:
“Una decina di anni fa gli italiani spendevano in scommesse una ventina di miliardi di euro. Il 2019 si è chiuso con un nuovo record che segna una progressione geometrica: 109,4 miliardi giocati, secondo le prime stime dell’Agenzia delle Dogane che gestisce le concessioni. È pari a circa il sei per cento del Pil, una novantina di miliardi di euro più di un decennio fa.
[…]
L’aumento del fatturato lordo del solo settore delle scommesse legali in Italia supera (di poco) l’aumento del fatturato dell’intera economia nazionale. Siamo cresciuti tanto quanto è cresciuto il gioco d’azzardo, non un euro di più.
[…]
Quelle valevano ben 90 miliardi di euro l’anno scorso e ciò in parte spiega perché i volumi delle scommesse siano astronomici: quando ottengono guadagni istantanei, gli italiani tendono a rigiocarseli subito. Vincono e rigiocano, perdono e rigiocano. Il 62% di quei 18 milioni dichiara di farlo in totale solitudine. Si finisce per perdere il senso del tempo e del denaro speso, come emerge dalle interviste con loro degli psicologi dell’Iss (Istituto superiore di sanità).
[…]
Questo enorme ingranaggio circolare del denaro lascia allo Stato un margine lordo di 19,4 miliardi (stime dell’Agenzia delle Dogane sul 2019) dei quali circa otto servono per remunerare le concessionarie”[2].
I sardi sono come gli italiani, e gli italiani sono i primi in Europa. In molti paesi europei, ed extraeuropei, il fenomeno è imponente, ma in Italia eccelliamo[3].
Grazie a Vittorio Pelligra che mi ha fornito questa tabella. È datata ma rende l’idea.
“Mal comune mezzo gaudio”, direbbe qualcuno. “Le scommesse ci sono sempre state”, direbbe qualche altro.
Non sono d’accordo.
Investire così tanto tempo e risorse in momenti in cui si cercano “i soldi”, e “la felicità”, in modo solitario ed individualistico, è un dramma sociale.
Il “libero mercato”, che risveglia, anche neurologicamente, gli aspetti più desideranti, non è la soluzione. La Sardegna debole economicamente e socialmente, è più vulnerabile.
Ma se quelle persone che passano il tempo a scommettere investissero quel tempo e quelle risorse in altro, non starebbero meglio? Non staremmo meglio tutti?
Prima si giocava, si, ma in compagnia e quasi sempre senza soldi.
Il gioco d’azzardo aumenta la solitudine in una terra, come
scriveva la Rudas, in cui “la solitudine, la separazione e la caducità sono
temi costanti”.
[1] https://www.quotidianosanita.it/sardegna/articolo.php?articolo_id=77207
[2] https://www.corriere.it/economia/consumi/20_febbraio_01/viaggio-mente-chi-gioca-d-azzardo-5f968db4-4532-11ea-9d28-c32ca6f6093f.shtml
[3] https://www.statista.com/study/56534/gambling-in-europe/