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Danilo Cocco sul libro di Fausto Durante “Lavorare meno, vivere meglio – appunti sulla riduzione dell’orario di lavoro per una società migliore e una diversa economia”

Pare strano, mentre ancora ci troviamo nella situazione emergenziale causata dalla pandemia da Covid-19, e nel mentre all’estremo est dell’Europa si combatte una guerra dalle conseguenze imprevedibili, leggere di temi che disegnano scenari diversi, parlandoci della possibilità di un miglioramento del benessere delle persone, di un recupero di dignità del lavoro, di un progresso che non serva unicamente a far aumentare profitti e patrimoni di pochi ma abbia ricadute positive sulla società.

Pare strano, ma nella ricorrenza della morte di Adriano Olivetti, 27 febbraio 1960, il pensiero “La fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti. Deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia. Io penso la fabbrica per l’uomo, non l’uomo per la fabbrica” è ancora in grado di catalizzare l’attenzione intorno ad argomenti e temi importantissimi: qual è l’equilibrio tra lavoro dignitoso e sfruttamento? Qual è il giusto compromesso tra necessità dell’impresa ed esigenze delle persone e delle società? Qual è il rapporto tra economia e democrazia?

Fausto Durante rilancia, con questo volumetto di agile lettura, il tema della riduzione dell’orario di lavoro. Lo fa citando una serie di esperienze condotte in Europa e Stati Uniti d’America, che hanno prodotto in genere risultati positivi, sia per quanto riguarda il settore privato che il settore pubblico. Esperienze sulle quali sono stati condotti studi i quali dimostrano che ridurre le ore a parità di salario è possibile e, tramite le dovute modifiche all’organizzazione del lavoro, riesce perfino ad aumentare la produttività ed i profitti delle aziende, o aumentare la qualità dei servizi pubblici.

Questo tema, caduto in disgrazia a partire dal 1980, torna prepotentemente alla ribalta oggi, proprio a causa degli effetti prodotti dalla pandemia. Pandemia che ha reso ancora più evidente che l’attuale modello produttivo è insostenibile sotto diversi profili.

Leggendo queste pagine, scopriamo che il PIL prodotto per ora di lavoro aumenta nei paesi europei in cui la media delle ore lavorate per anno è inferiore alla media europea; che l’occupazione aumenta dove si riduce l’orario di lavoro; che gli effetti positivi di questa riduzione si traducono in un minor impatto ecologico delle attività antropiche, in una minore incidenza delle assenze per malattia, in una generale migliore soddisfazione e benessere delle persone coinvolte, tutti aspetti che innalzano la qualità della vita.

Per contro, le rapidissime trasformazioni dei processi produttivi cui assistiamo, paragonabili in tutto e per tutto ad una nuova rivoluzione industriale, rischiano di vedere per la prima volta nella storia quali unici beneficiari gruppi ristretti di uomini, ed un peggioramento generale delle condizioni di vita e di lavoro. Portare nuovamente al centro dell’agenda politica e sindacale la riduzione dell’orario di lavoro è non solo necessario, quindi, ma urgente.