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La Regione Sardegna e la sua pubblica amministrazione. Un passo avanti e due indietro. Applicazione del ruolo unico e valorizzazione delle competenze.

Occuparsi di questioni apparentemente forse marginali, che attendono la pubblica amministrazione sarda, può apparire un argomento per addetti ai lavori o per i diretti interessati. Tuttavia, spesso si accusa la burocrazia, in questo caso regionale, di essere inefficiente, inadeguata e addirittura di “bloccare tutto”. Ed allora occupiamocene, delle burocrazia


Noi non ci stiamo. Chiediamo di prestare attenzione anche a queste questioni apparentemente marginali, ma in realtà, necessarie per avere una pubblica amministrazione efficace ed efficiente.

Prendiamo il caso di Simona: ha poco meno di 40 anni, una laurea in ingegneria, un master e da qualche anno lavora in regione dove si occupa di appalti. La sua categoria è B (titolo d’accesso: scuola dell’obbligo), ma in ufficio si occupa di scrivere capitolati e disciplinari di gara (la parte più importante degli appalti) e di seguirne da vicino le procedure. Fa quelle che, in gergo, si chiamano “mansioni superiori”. Non è la sua mansione, dunque, ma è capace, competente e in fondo lo fa volentieri, perché vuole bene alla Sardegna.

È in assegnazione temporanea sino alla cessione di contratto, ma proviene da uno degli enti della regione che hanno lo stesso contratto. Nonostante ciò, sono mondi che non si parlano, con regole proprie.

Simona ha tutte le carte in regola per arrivare con un concorso interno alla categoria C, e poi magari alla D. Tante sono le persone come lei, magari in questa situazione da decenni, la cui voglia di lavorare è frustrata dai mancati riconoscimenti.

La Regione ha indetto i concorsi interni per le progressioni verticali, un passo in avanti molto atteso, un bel passo in avanti. O meglio, lo sarebbe se lo facesse tutto il Sistema Regione, indistintamente per l’insieme dei lavoratori e delle lavoratrici del comparto. Diversamente accade che resti tagliata fuori Simona e con lei centinaia di altre persone.

Come fare?

Dal 2015 c’è il “ruolo unico”, che nonostante leggi, deliberazioni, circolari ed altre deliberazioni non è applicato. Anzi, si sta tornando indietro. Terribilmente indietro.

Si sta tornando ai silos che non comunicano tra di loro, alla mano destra che non sa cosa fa la sinistra, alla disgregazione invece che all’unità.

Quel ruolo unico è scritto sulla carta, “nuovo nuovo, mai usato”, e la nostra Simona (ad esempio) potrebbe vivere questo paradosso: oggi non può partecipare ai concorsi interni RAS perché riservati soltanto ai “nativi regionali”, domani potrebbe ottenere finalmente (!) la “cessione del contratto” e, quando il suo ente originario farà i concorsi interni, non potrà più parteciparvi perché ormai sarà diventata una “regionale”. Resterà ancora B sino ai prossimi, chissà quanto prossimi, concorsi interni e le sue competenze irriconosciute.

Applicare il “ruolo unico”, e riconoscere e valorizzare le competenze, è la strada per un utilizzo migliore, più efficiente ed efficace, della più importante ricchezza della pubblica amministrazione: le sue risorse umane. Invece si bloccano, si mortificano, si deprimono i lavoratori. Quante altre “risorse”, cioè persone capaci e competenti, penalizzerà la disapplicazione del ruolo unico?

Perché? Perché un passo avanti e poi due indietro?