fantinel lai

L’Arte delle donne – di Alessandra Fantinel

Nei musei che ho visitato, anche in diversi Paesi Europei, la presenza di opere realizzate da donne, pittrici, scultrici ed artiste in senso ampio, risultava secondaria, se non marginale, rispetto a quelle degli uomini. Non solo dal punto di vista numerico, in cui è evidente la netta prevalenza maschile, ma anche dal punto di vista della rilevanza, fatta eccezione per mostre “a tema” di valorizzazione dell’arte femminile.

Ciò non significa che nella storia dell’arte le donne non siano esistite o che non abbiano realizzato opere all’altezza degli artisti uomini ma, più semplicemente, che per un lungo periodo non c’è stato spazio per loro.

Non sono una esperta d’arte ma semplicemente una appassionata che rimane affascinata dal bello (quello che per me lo è) o da ciò che l’opera mi trasmette, sia in positivo che in negativo. Non è mio interesse, non sarei all’altezza, presentare una carrellata di artiste e raccontarne le gesta o fare un’analisi critica delle loro opere. Anche perché quando si parla di arte, creatività e ingegno i talenti sono veramente tanti: non possiamo circoscriverla alla pittura e alla scultura ma dobbiamo ricomprendere la letteratura, per cui non possiamo dimenticare Virginia Wolf o la nostra premio nobel Grazia Deledda, l’educazione con Maria Montessori, la scienza con Rita Levi Montalcini e Marie Curie, la musica con Ella Fitzgerald. Gli esempi sono tanti ma sempre pochi rispetto ai grandi nomi maschili a cui è attribuita “la storia” di molte arti.


Frida Kahlo

Recentemente mi hanno regalato un bellissimo ritratto di Frida Kahlo. Da alcuni anni mi sto interessando all’artista messicana, classe 1907, figlia di un fotografo tedesco e di una donna di origini spagnole e amerinde. Oggi Frida rappresenta un’icona dell’arte, un’icona della femminilità, un’icona dell’emancipazione femminile. Forse perché, in qualche modo, ci immedesimiamo in un personaggio tanto complesso. Frida fu una donna di grande coraggio: riuscì a sopportare ben 32 interventi chirurgici, un aborto spontaneo e un amore travagliato. Fu una donna di grande spessore culturale; visse in un periodo in cui il Messico attraversava una imponente rivoluzione politica e culturale; si iscrisse e fu attivista nel Partito Comunista Messicano. Conobbe grazie al marito, pittore, Diego Rivera personaggi politici di grande peso e poté viaggiare e conoscere nuove realtà. Esperienze che le permisero di rappresentare nei suoi quadri, con coraggio, i sentimenti più profondi, in cui quasi sempre lei è la protagonista. E’ da quei ritratti che conosciamo una donna anticonformista, che indossava il costume delle donne di Tehuantepec, società matriarcale. Uno sguardo fiero, uno sguardo attento e vivace. Diversi libri descrivono il personaggio di Frida Kahlo, da uno di questi, scritto da Hayden Herrera, è stato realizzato un film, interpretato magistralmente da Salma Hayek. Nel film si colgono i passaggi della sua vita e la passione per l’arte. Sviluppatasi a seguito dell’incidente in autobus, avuto all’età di 18 anni, e che la costrinse all’immobilità. I genitori, visto il suo interesse per il disegno, le sistemarono uno specchio sopra il letto da cui poter vedere riflessa la sua immagine e riportarla nelle pitture. Ed è l’arte che l’aiutò a sostenere finanziariamente la sua famiglia. Morì giovane, a soli 47 anni, per una embolia polmonare. Le ceneri sono conservate nella sua Casa Azul a Città del Messico, oggi sede del Museo Frida Kahlo.

Da alcuni anni i ritratti di Frida Kahlo, a colori, in bianco e nero, col viso imbronciato o con i fiori sulla testa sono sempre più diffusi. E sempre più articoli commerciali portano il suo viso o le sue frasi: tshirt, cuscini, gioielli. Frida rappresenta l’emancipazione femminile di quel tempo ma anche del nostro tempo. Una donna che ha fatto dell’arte la sua vita, che ha espresso, senza timore, i sentimenti del momento fotografandoli nei suoi numerosi dipinti. Frida è riprodotta nella sua “giovinezza”, il suo viso è privo di rughe ma segnato dalla sofferenza.


Maria Lai

Quando penso a Frida la mia mente corre su un’altra artista, donna, sarda, matura: Maria Lai. La sua arte non è diffusa e “commercializzata” come quella di Frida ma è considerata l’artista più rappresentativa della nostra Sardegna. Il suo volto, quello che maggiormente conosciamo, è quello di una donna adulta, con i capelli grigio/bianco e le rughe che raccontano i suoi 93 anni di vita. Una vita speciale dedicata all’arte. Sei anni fa visitai la sua mostra a Cagliari, al Palazzo di Città, dal titolo “Ricucire il mondo” e quest’anno ho visitato il museo “Stazione dell’Arte” di Ulassai, che raccoglie tantissime sue opere. 

Ed è qui che Maria Lai nacque, nel piccolo paesino dell’Ogliastra, nel 1919. La sua fu una famiglia di artisti. Lei, per la sua salute cagionevole, non poté frequentare la scuola materna ed elementare, ma si dedicò al disegno. Fu modella per Francesco Ciusa, che doveva rappresentare la sorellina prematuramente deceduta. Fu in questa triste occasione che visitò la bottega dell’artista e “respirò” il mondo dell’arte, rimanendone colpita e affascinata. Si trasferì a Cagliari per frequentare le scuole secondarie dove conobbe Salvatore Cambosu (maestro d’italiano): continuò il percorso formativo presso il Liceo Artistico di Roma, dove conobbe gli scultori Angelo Prini e Marino Mazzacurati. Gli insegnanti apprezzarono il suo talento artistico: andrà a Verona, poi a Venezia dove si iscrisse all’Accademia di Belle Arti. E’ proprio a Venezia si scontrerà con la cultura maschilista diffusa anche nel mondo dell’arte, faticando ad essere accettata come donna e artista.

Al suo rientro in Sardegna nel 1945 (si tratterrà sino al 1954) riprenderà i rapporti con Salvatore Cambosu e artisti quale Foiso Fois. Si dedicherà all’insegnamento del disegno in diverse scuole elementari. Dopo alcune tragedie famigliari, come l’assassinio del fratello minore Lorenzo, ritornò a Roma. Dopo pochi anni fu inaugurata una mostra personale e il successo le permise di aprire un piccolo studio d’arte. Decise però di restare in silenzio per circa 10 anni: si allontanò dalle gallerie ma si avvicinò a poeti e scrittori come Giuseppe Dessì. Fu quest’ultimo che la indirizzò verso la cultura sarda: ripercorrere le tradizioni, i miti e le leggende della sua terra natia, gli oggetti del passato, il telaio e il suo utilizzo. Nel 1971 realizzò la sua prima mostra sull’arte tessile. Fu grazie ad Angela Grilletti Migliavacca, proprietaria e direttrice della galleria Arte Duchamp di Cagliari e Mirella Bentivoglio che Maria Lai partecipò alla Biennale di Venezia. L’installazione delle sue opere in numerose città anche oltre la Sardegna renderanno onore alla sua creatività. Trascorse gli ultimi anni della sua vita a Cardedu. Nel 2006 inaugurò ad Ulassai il Museo di Arte Contemporanea, che raccoglie circa 140 pezzi delle sue opere. Altre installazioni sono esposte a Palazzo Grassi di Venezia e a Villa Borghese di Roma. Morì nel 2013, a 93 anni, e venne sepolta presso il cimitero di Ulassai. A distanza di sei mesi dalla morte, Laura Boldrini Presidente della Camera dei Deputati promosse la realizzazione di un convegno in suo ricordo a Palazzo Montecitorio.

Maria Lai rese onore ad un’altra conterranea, Grazia Deledda, con una bellissima installazione presso la chiesa della Solitudine di Nuoro che ne detiene le spoglie. L’opera costituita da 11 piloni in cemento armato riporta le figure femminili raccontate nelle opere della scrittrice sarda, che nel 1926 vinse il premio nobel per la letteratura. Fu la prima donna italiana a ricevere questo prestigioso titolo.


Grazia Deledda

Grazia Deledda nacque a Nuoro nel 1871 in una famiglia benestante. Frequentò le scuole elementari sino alla classe quarta e poi proseguì ricevendo lezioni private di italiano, latino e francese e successivamente come autodidatta. Furono pubblicati alcuni suoi scritti, che firmò con uno pseudonimo, su un quotidiano cagliaritano e collaborò con diverse riviste sarde e continentali. Nel 1899 si trasferì a Cagliari dove conobbe Palmiro Madesani, funzionario del Ministero delle Finanze che sposò l’anno dopo. Si trasferì vicino a Roma dove il marito, abbandonando il suo lavoro, si dedicò alle opere letterarie della moglie. La pubblicazione di Elias Portolu e successivamente di altri romanzi ed opere teatrali ne decretarono il successo. Dieci anni dopo il riconoscimento del premio nobel le fu diagnosticato un tumore al seno che la accompagnò sino alla morte. Le sue spoglie furono custodite nel cimitero del Verano a Roma ma poi nel 1959 riportate a Nuoro.

Al Museo delle Culture di Milano, dall’11 settembre all’11 ottobre 2020, Grazia Deledda e Maria Lai sono nuovamente insieme. L’opera commemorativa di Maria Lai per Grazia Deledda è stata riprodotta da mani sapienti di tessitrici sarde: progetto denominato “Andando via. Omaggio a Grazia Deledda” che è stato esposto anche all’ex Manifattura Tabacchi di Cagliari ed ora a Milano. 22 arazzi posti su un allestimento composto da strutture a telaio ideato dalla Direttrice Scientifica Viviana Porru e della Direttrice Artistica Giuditta Sireus.


Frida Kahlo, Maria Lai e Grazia Deledda sono solo tre delle numerosissime artiste esempio di determinazione, dedizione ed emancipazione femminile. Ce ne sono tante altre, famose, poco note e sconosciute. In Sardegna vantiamo un consistente bacino: tessitrici, pittrici, scultrici, poetesse, attrici, cantanti, registe ….. che rendono onore alle tradizioni popolari diffondendo la cultura sarda nel resto d’Italia e del mondo. Ed è l’arte delle donne, a mio avviso, che può rappresentare quel volano per il progresso della nostra società: attraverso la diffusione di valori e cultura basati sul rispetto, la tutela e la valorizzazione del prossimo.