Il 18 aprile scorso la premier norvegese Erna Solberg ha indetto una conferenza stampa rivolta ai bambini e alle bambine per rassicurarli sull’emergenza sanitaria dovuta al COVID-19. Un discorso semplice, diretto e soprattutto rispettoso dei diritti dei giovani cittadini e delle giovani cittadine:
“Ciao a tutti. Questi ultimi giorni sono stati molto strani. Tutte le scuole e i nidi sono chiusi. Tutti gli sport e le attività del tempo libero sono stati cancellati. E chiunque sia stato all’estero deve andare in quarantena quando arriva a casa. A causa del coronavirus, le vite quotidiane di adulti e bambini sono ora molto diverse da come erano. Chiunque deve rimanere a casa il più possibile. Molti bambini lo trovano spaventoso. Posso capirlo. Va bene avere un po’ di paura quando accadono così tante cose contemporaneamente. Va bene avere un po’ paura di essere infettati dal coronavirus. Ma per la maggior parte di noi, il coronavirus non è pericoloso. I bambini che prendono il coronavirus di solito si ammalano solo un po’. È quasi come un normale raffreddore. E molte persone non si infettano affatto. E anche se tutti nella tua scuola fossero infettati dal virus, quasi tutti starebbero bene. Lo stesso vale per tua mamma e tuo papà. Gli adulti che sono sani non si ammalano molto. Ma il coronavirus può essere pericoloso per le persone che hanno una malattia grave. Può anche essere pericoloso per gli anziani. Quindi dobbiamo fare tutto il possibile per prevenire l’infezione di queste persone (…..) la cosa migliore sarebbe che il maggior numero possibile di persone non si infettasse affatto. Ecco perché tante cose sono state chiuse o cancellate. Se non ci incontriamo, non possiamo infettarci. So che molti di voi hanno dovuto annullare le feste di compleanno. È un peccato. È noioso dover stare a casa così tanto, ed è noioso non poter incontrare tutti i tuoi amici come prima. Ma restando a casa da scuola e non prendendo parte alle solite attività per il tempo libero, stai aiutando a fare in modo che le persone non si infettino e non si ammalino”.
La politica, leader del Partito conservatore e premier della Norvegia dal 2013, ha dato un segnale importante ed è stata un esempio per gli altri stati europei.
Avete partecipato o sentito una qualche conferenza stampa, in Italia, che aveva come oggetto l’infanzia e i temi ad essa correlati? Io no. Durante l’emergenza sanitaria sono stati previsti strumenti per permettere ai genitori lavoratori di occuparsi dei propri figli e delle proprie figlie stando a casa (congedi straordinari, lavoro a distanza, bonus baby sitter) e ipotesi di programmi per il futuro rientro a scuola previsto per il mese di settembre. Ma nessuna programmazione ha interessato le giovani generazioni durante il lockdown. Bambini, giovani e adolescenti sono stati, a mio avviso, i veri destinatari della reclusione forzata e del distanziamento sociale.
Gli adulti, fatta eccezione per quelle categorie di soggetti che per patologie specifiche non potevano oltrepassare le mura domestiche, hanno potuto vivere, seppur con le dovute limitazioni, una qualche forma di socialità face to face. Non considerando la sfera lavorativa, solo gli adulti potevano recarsi al supermercato o in edicola ad acquistare un quotidiano. Quanti si sono dati “appuntamento” con un parente o amico per un saluto o uno scambio di informazioni?
Le giovani generazioni, invece, hanno smesso di andare al nido o a scuola, di svolgere attività sportiva, di incontrarsi con gli amici, di fare un aperitivo al bar, di andare al cinema o a mangiare una pizza; non sono più andati a trovare i loro nonni.
Partiamo dalla scuola: chiusa dalla fine di febbraio. Trasformata in attività virtuali con compiti e lezioni a distanza. Cosa sta succedendo su questo fronte? La Ministra dell’Istruzione ha paventato la possibilità (poi pare ritirata o da valutare per gli studenti e le studentesse della scuola secondaria di secondo grado) che da settembre si possa riprendere il percorso scolastico, prevedendo alcune giornate in aula e altre a casa. Non possiamo considerare l’importanza della scuola solo come luogo fisico, essa è l’insieme di relazioni, socializzazione, emozioni, rituali: tutti elementi che, con la didattica, concorrono alla crescita dei/delle nostri/e giovani. La scuola è, dopo la famiglia, il “luogo” della socializzazione e della formazione della personalità. La scuola è cultura, educazione, acquisizione di saperi, teatro di crescita civile e di cittadinanza. A scuola nascono e si sviluppano affetti e amicizie, che, in tanti casi, resteranno per tutta la vita.
Una formazione a distanza potrebbe garantire tutto questo? Non si rischia di creare individui solitari che si relazionano solo attraverso una tastiera di un pc o il filtro di una videochiamata? I bambini e le bambine non hanno il diritto di sperimentare, discutere e imparare a conoscere le persone con cui hanno a che fare senza utilizzare una telecamera? Non entriamo in ambito sanitario che ci vedrà costretti ancora per un bel po’ di tempo ad evitare i contatti fisici, ma in ambito sociale è importare vedere fisicamente le persone: il viso e il corpo esprimono le nostre sensazioni andando oltre le parole.
Ecco allora perché la questione dei giovani e delle giovani non ha trovato spazio nella programmazione durante l’emergenza sanitaria? Perché ai/alle proprietari/e di cani è stata concessa opportuna deroga alla reclusione domestica? Giustamente direi! Perché è inconcepibile pensare che un animale stia rinchiuso tutta la giornata dentro casa. E perché ai cani sì e ai bambini no? E allora ….“era meglio essere cani che bambini nel 2020”. Una frase che ho letto nella stampa, antipatica ma che nasconde una triste verità. Perché non è stata concessa una deroga per far sgranchire le gambe o fare qualche lancio con un pallone anche alle giovani generazioni? Poche e fortunate famiglie hanno un giardino o uno spazio all’aperto, le restanti vivono in appartamenti con ambienti sufficienti in condizioni normali ma limitanti quando tutti i componenti sono costretti a condividerli nello stesso momento.
Quindi perché per i bambini e le bambine non sono state previste le opportune deroghe? Perché non sono state previste uscite contingentate con regole chiare e realizzabili da tutti? I bambini e le bambine acquisiscono ed accettano le direttive: basta essere chiari su ciò che possono o non possono fare. Se dici ad una bambina o un bambino che non dovrà abbracciare nessuno e dovrà tenersi a debita distanza inventerà, in poco tempo, un gioco che rispetti questa regola. Io ho parlato chiaramente con mia figlia dell’emergenza sanitaria: con un linguaggio semplice, ma sempre diretto, ho cercato di spiegarle perché eravamo costrette a stare a casa e lei non poteva più andare a scuola o fare le attività sportive. Lei, che ha 5 anni, ha risposto positivamente alla restrizione, ovviamente con i suoi legittimi momenti di noia …. Ma chi di noi non ha attraversato questi momenti? Per il resto nessuna tragedia: ottima capacità di mantenere i contatti con le maestre e con i compagni e le compagne di scuola e delle attività ludiche. Nonché si è attivata per comunicare, con videochiamate, i nonni e gli zii. Ma quanto le avrebbe fatto bene passare qualche oretta in un parco o incontrare “a distanza” le sue amiche o i suoi nonni?
Forse è mancata la fiducia nei confronti dei giovani e delle giovani? Non sarebbero stati in grado di mantenere le distanze di sicurezza? Non avrebbero usato i dispositivi previsti dalla normativa vigente? L’emergenza sanitaria ha evidenziato la loro grande capacità di adattamento e di rispetto di rigide regole: non possiamo che essere orgogliosi e rispettosi nei loro confronti. Loro, i giovani e i bambini, hanno accettato le prescrizioni: sono rimasti a casa, si sono reinventati una vita, per evitare il propagare del virus, per evitare che i loro nonni e le loro nonne potessero esserne colpiti. Si sono comportati da cittadini e cittadine consapevoli e rispettose: sono state per noi adulti un esempio.
Come possiamo essere noi un esempio per loro se continuiamo a non considerarli o a programmare per loro (e non con loro) spesso circoscrivendo gli interventi al “solo” ambito scolastico? Noi adulti, noi genitori, abbiamo il dovere di trasmettere valori e obiettivi che creeranno bravi cittadini e brave cittadine domani. Quelle stesse persone che saranno lavoratori e lavoratrici o politici/politiche del futuro.
Qualche sera fa ho visto un film di Veronesi del 2017 “Non è un paese per giovani”. E’ la storia di due ragazzi, poco più che ventenni, che vanno via dall’Italia in cerca di fortuna. A Roma svolgono lavori precari e vanno a Cuba per cercare la loro strada. Ho immaginato quei giovani quando erano bambini come quelli del 2020: i loro genitori che per carenza di strutture educative per l’infanzia e per poter continuare a lavorare hanno dovuto chiedere supporto ai parenti o sostenere costi elevati per un nido o una baby sitter. Ho immaginato il loro percorso scolastico basato su tanta teoria e poca pratica e che al termine dello stesso non ha avuto sbocco in un lavoro. Perché da 20 anni a questa parte le opportunità per i giovani non sono cambiate: forse perché non è cambiata la programmazione e l’organizzazione della società. E la conferenza stampa citata all’inizio ha in questo senso un grande valore simbolico: non è un caso che in Italia anche nel periodo del lockdown le nuove generazioni non siano state oggetto di interesse dei provvedimenti governativi!
Chiedo e spero che nel futuro la programmazione passi attraverso le politiche giovanili. Azioni, strumenti ed interventi che pongano bambini e giovani al centro dell’interesse nella riorganizzazione della vita quotidiana (tempi, orari, ecc,). Non si può pensare al futuro se non si pensa ai giovani!
Il dimenticarci delle nuove generazioni denota un’analisi parziale e di breve periodo, quindi monca di elementi fondamentali per scrivere il nostro ma soprattutto il loro futuro.
I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza non possono essere bypassati. Il rispetto di tutti e di tutte è il valore di base che noi adulti dobbiamo trasmettere. Loro sono stati/e un grande esempio di adattamento e di rispetto: noi? Tutti i grandi sono stati bambini una volta. Ma pochi di essi se ne ricordano (cit. Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry) questa forse è la risposta ……
Gli altri articoli di Alessandra Fantinel: http://www.enricolobina.org/situ/?s=fantinel&post_type=post