Introduzione
Uno degli argomenti maggiormente dibattuti in questi ultimi mesi in Sardegna ha riguardato il turismo nell’isola e con quali modalità avrebbe potuto svolgersi nonostante alcune sue caratteristiche fossero nettamente in contrasto con le misure di profilassi da attuare contro il coronavirus. Il timore principale riguardava il fatto che la presenza di tanti turisti, alcuni provenienti dalle zone a rischio dell’Italia e dell’Europa, potesse aumentare anche in Sardegna il numero dei contagiati, mettendo in difficoltà la già fragile struttura sanitaria dell’isola. In questi giorni il rischio è diventato realtà: nelle zone della Costa Smeralda si sono sviluppati moltissimi contagi tra i turisti e i lavoratori delle strutture ricettive, tra cui la più famosa è indubbiamente la discoteca del Billionarie, di cui è proprietario il noto imprenditore Flavio Briatore.
Ciò che sta avvenendo ha riportato al centro dell’interesse dell’opinione pubblica anche la tipologia di turismo che si sviluppa nella parte settentrionale della Sardegna, qual è la sua reale incidenza sul territorio e quali effetti e conseguenze ha per la popolazione locale.
Negli ultimi anni il tema dell’attività turistica e quali effetti provoca sul territorio è stato al centro delle analisi di molti studiosi e intellettuali. In questo articolo proverò ad analizzare le caratteristiche che, in particolare, ha assunto nelle città italiane.
I processi di turistificazione nelle città
I primi vent’anni del XXIo secolo sono stati contrassegnati da un notevole aumento dei collegamenti aerei e marittimi tra le varie parti del mondo. Come spesso viene definito, il nostro è ormai un mondo globalizzato e interconnesso. Le persone viaggiano non soltanto per lavoro o per affari, ma anche per divertimento e curiosità. È principalmente l’attività turistica ad aver contrassegnato dal punto di vista economico e sociale il nostro secolo[1]. Marco d’Eramo, autore del libro “Il selfie del mondo” (Feltrinelli, 2017), individua nel turismo la principale industria pesante del XXIo secolo, con fortissime implicazioni sociali, politiche e spaziali[2].
Allo sviluppo turistico delle città contribuiscono sia imprenditori privati sia governi pubblici. In particolare i governi favoriscono le condizioni affinché i privati possano effettivamente operare, lasciando poi a questi ultimi la gestione del mercato abitativo e degli spazi pubblici. In caso di crisi del settore privato, inoltre, il pubblico si offre per attutire le eventuali perdite economiche. Non solo, spesso le amministrazioni comunali riorganizzano gli spazi urbani in base alle esigenze dei turisti. Un esempio di ciò è la differenza che intercorre tra le infrastrutture che collegano le zone “turistiche” della città rispetto a quelle che, invece, sono utilizzate dalla popolazione locale. Spesso queste ultime risultano sovraccariche, numericamente ridotte e qualitativamente inferiori rispetto alle prime[3].
Gli intensi processi di turisticizzazione vengono descritti e giustificati come un grande beneficio per la popolazione locale. Innanzitutto perché attraverso questi fenomeni le città verrebbero riqualificate e rese più sicure grazie anche all’eliminazione di comportamenti sociali ritenuti contrari al “decoro” delle città[4]. Inoltre, una crescita illimitata e “sostenibile” del turismo avrebbe effetti positivi sull’intera popolazione[5].
In realtà, l’industria turistica modifica notevolmente gli spazi e le relazioni all’interno dei centri urbani.
Gli effetti e le conseguenze dettate dall’attività turistica vengono definite con l’espressione “turistification”, reso in lingua italiana con l’espressione “turistificazione”. Secondo la definizione di Friedrich von Borries riportata da Clara Zanardi in “La città è di chi la visita? Breve percorso nel turismo urbano in Italia”, per turistification si può intendere il “processo attraverso il quale quartieri e luoghi fino ad allora poco attrattivi vengono scoperti dai turisti e aperti a loro. Si stabiliscono economie mono-strutturali, che offrono ai turisti dotati di capacità di spesa tutto ciò di cui hanno bisogno – caffè, bar, supermercati, negozi di souvenirs –, ma si trascurano le esigenze degli abitanti. […] La storia della città viene a sua volta mercificata come ampio e variegato paesaggio culturale”[6]. L’attività turistica, allora, diviene un modo di attraversare la realtà in maniera superficiale e banalizzante[7].
I processi di turistificazione trasformano alcune zone delle città in non-luoghi indifferenziati, facendo perdere loro le proprie peculiarità storiche e sociali. Questi fenomeni si sono intensificati negli ultimi anni, grazie anche alla diffusione dell’utilizzo di compagnie aeree low-cost come RyanAir e portali on line come Airbnb, il cui obiettivo è quello di mettere in contatto persone che cercano alloggi o camere per brevi periodi con persone disposte ad affittare spazi extra della propria abitazione[8]. Questo tipo di portali si stanno notevolmente espandendo e sono in grado, attraverso le recensioni degli utenti, di creare una visione “unica” delle città. Le politiche turistiche dei governi contribuiscono a questa omologazione, trasformando radicalmente i quartieri e costruendo identità distanti dalla storia e dalla cultura della città oggetto di questi processi[9].
Non solo, la turistificazione produce una fortissima accelerazione di quel movimento chiamato “gentrificazione”. Cosa si intende con questa espressione?
Il termine “gentrificazione” è un’italianizzazione della parola inglese gentrification, inventata nel 1964 dalla sociologa Ruth Glass per descrivere ciò che avveniva a Londra in quartieri operai come Islington, dove a partire dagli anni ‘60 si stavano trasferendo molte persone appartenenti alle classi sociali più agiate, sostituendo le persone che vi abitavano precedentemente. La parola deriva da gentry, che in inglese significa “piccola nobiltà”[10]. In Italia si è iniziato a parlare di gentrificazione a partire da inizio anni 2000[11] e il fenomeno ha interessato molte meno città. Tra i principali effetti vi è l’aumento degli affitti causato dall’aumento della richiesta di case, il cui costo spesso non è sostenibile per gli abitanti storici che, dunque, vengono sfrattati oppure sono costretti a trasferirsi. I primi a dover lasciare il quartiere gentrificato sono spesso gli appartenenti alle minoranze etniche. L’ identità del quartiere si trasforma completamente: le abitazioni diventano più piccole e ospitano coppie piuttosto che famiglie. Si sviluppano, inoltre, appartamenti di lusso che precedentemente non esistevano. Importanti conseguenze si hanno anche per le attività economiche, che se non riescono ad adattarsi alle esigenze dei nuovi abitanti devono chiudere a causa dell’aumento dei prezzi e della concorrenza. Paradossalmente i nuovi quartieri gentrificati sono attrezzati con infrastrutture più moderne e funzionanti e il livello di criminalità diminuisce, ma a beneficiare di questi miglioramenti sono esclusivamente i nuovi abitanti, più ricchi, rispetto a coloro che abitavano prima, più poveri[12].
Da sottolineare come non vi siano confini rigidi tra le aree delle città gentrificate e turistificate e quelle, invece, periferiche. Questo perché si deve permettere alle persone che abitano nelle periferie cittadine, talvolta giovani migranti, di andare a lavorare, spesso in nero, con contratti a chiamata o pagamenti a voucher, nelle attività di intrattenimento mondano presenti nel centro cittadino[13]. La città turistificata si sviluppa grazie al lavoro socialmente invisibile di chi dalle aree gentrificate è stato escluso perché considerato indesiderabile[14].
Un’altra conseguenza riguarda l’organizzazione economica di una città attraversata da forti processi di turistificazione. Spesso questo fenomeno è contraddistinto dall’idea di poter sfruttare le risorse in modo pressoché illimitato. Viene utilizzata, in questo caso, l’espressione overtourism, “il fenomeno per il quale una destinazione popolare o una particolare attrazione viene invasa dai turisti in modo insostenibile per la sua stessa riproduzione”[15].
Per alcune metropoli, inoltre, l’attività turistica è andata a formare l’unica fonte di reddito per moltissime persone, sostituendo tutte le altre attività ed eliminando tutto ciò che non fosse compatibile con tale economia. La conseguenza diretta di questo fenomeno è che eventuali crisi sanitarie o politico-amministrative possono allontanare i turisti da quella città, rischiando in questo modo di innescare una forte crisi economica[16].
Qual è la reale posta in palio?
Giunti a questo punto, è necessario sgombrare il campo da alcune ambiguità che accompagnano l’analisi delle attività turistiche e il loro rapporto con le città.
Innanzitutto, è necessario dire che il problema, o addirittura il “nemico”, non è il singolo turista che arriva da altre parti con il desiderio di conoscere luoghi a lui ignoti. I singoli comportamenti, seppur deprecabili in alcuni casi, e l’idea che la trasformazione delle nostre città e dei nostri territori sia “colpa” del turista che arriva “e si comporta come se fosse a casa sua” sono una conseguenza e non una causa dell’intero processo di turistificazione.
È altrettanto importante dire che la presenza dei turisti rappresenta una fonte di reddito non solo per i grandi imprenditori del settore, ma anche per i tanti occupati e sotto-occupati che mettono a disposizione alcuni spazi del loro appartamento o addirittura la loro stanza per racimolare qualche soldo, per i tanti piccoli commercianti, per le tante produzioni locali, per le piccole strutture ricettive che in questo modo possono aumentare la loro clientela e vivere dignitosamente dalla loro attività. Citando l’articolo “Otto tesi sulla turistificazione”, possiamo dire che “i profitti derivanti dal turismo quindi sono anche visti come occasione di riscatto – per la popolazione meno agiata, nda- in un processo di trasformazione economica che si lega ai processi di ristrutturazione capitalistica delle città e delle relazioni tra capitale e lavoro in senso ampio che esistono al loro interno”[17].
Al contrario, la critica ai processi di turistificazione va fatta su un altro piano, cioè quando rappresenta un altro mezzo per riorganizzare lo spazio delle città, quando diventa solo un modo per estrarre valore dai territori, quando si pone non in favore ma contro la popolazione che abita i centri urbani, quando a causa dei fenomeni descritti una parte degli abitanti viene costretta ad andarsene da determinate aree della metropoli, quando è costretta a lavorare sfruttata e sottopagata, quando in funzione delle aree turistiche vengono depotenziate le infrastrutture e i servizi delle zone periferiche cittadine, quando il turismo viene sfruttato nel segno della rendita e non comporta alcuna redistribuzione della ricchezza tra la popolazione ma solo tra alcuni, favoriti nella loro attività dalle istituzioni pubbliche.
[1]Uno spartiacque fondamentale per l’accelerazione di questi processi è rappresentato dalla crisi economica che colpì innanzitutto gli Stati Uniti d’America nel 2008, portando alla “grande recessione” del 2009. In Europa, in particolare in Grecia, Spagna e Italia, la crisi, definita dei “debiti sovrani”, arrivò leggermente più tardi ed ebbe il suo culmine tra il 2010 e il 2011. La crisi in USA nacque a causa del collasso del settore dei mutui sub-prime, tipi di prestiti rivolti a soggetti sociali deboli e potenzialmente insolventi. Questi prestiti erano stati istituiti per ottenere maggiori profitti dai vuoti prodotti dalla diminuzione degli alloggi pubblici per i meno abbienti nella fase neo-liberale. Il fallimento di questo tentativo portò alla crisi economica del 2007-2008. Nonostante ciò, la ripresa dell’economia negli anni successivi si accompagnò alle stesse dinamiche attuate in precedenza. La crisi riportò al centro del dibattito pubblico la città e le sue intrinseche caratteristiche. I tentativi di ricomporre strutturalmente i processi di valorizzazione del Capitale riconfigurarono in profondità città, aree metropolitane e assetti territoriali. Si attivò a livello nazionale e internazionale uno sviluppo gerarchico dei luoghi della produzione e della riproduzione sociale.
[2]Info Aut Bologna, Otto tesi sulla turistificazione, Info Aut. Informazione di parte, https://www.infoaut.org/approfondimenti/otto-tesi-sulla-turistificazione, consultato il 21 agosto 2020.
[3]Ibidem
[4]Ibidem
[5]C. Zanardi, La città è di chi la visita? Breve percorso nel turismo urbano in Italia, in Info Aut (a cura di), Città, spazi abbandonati, autogestione, pubblicato il 3 gennaio 2018, consultato il 20 agosto 2020. Disponibile all’indirizzo: https://www.infoaut.org/images/bologna/Ebook/EBOOKZ-ZCittspaziZabbandonatiautogestione.pdf
[6]F. von Borries, Berliner Atlas paradoxaler Mobilität, Merve Verlag, Berlino 2011, p.161
[7]C. Zanardi, La città è di chi la visita? Breve percorso nel turismo urbano in Italia, in Info Aut (a cura di), Città, spazi abbandonati, autogestione, pubblicato il 3 gennaio 2018, consultato il 20 agosto 2020. Disponibile all’indirizzo: https://www.infoaut.org/images/bologna/Ebook/Per-una-critica-della-citt-globalizzata.pdf
[8]Info Aut Bologna, Op. Cit.
[9]Ibidem,
[10]Che cos’è la gentrificazione, Il Post, https://www.ilpost.it/2016/08/07/che-cose-la-gentrificazione/#:~:text=%C3%88%20il%20fenomeno%20per%20cui,ma%20%C3%A8%20sempre%20un%20male%3F, pubblicato il 7 agosto 2016, consultato il 16 agosto 2020.
[11]La prima volta in cui questo termine è apparso sui quotidiani italiani è stato nel 2003 tra le pagine del Corriere della Sera
[12]Che cos’è la gentrificazione, Il Post, https://www.ilpost.it/2016/08/07/che-cose-la-gentrificazione/#:~:text=%C3%88%20il%20fenomeno%20per%20cui,ma%20%C3%A8%20sempre%20un%20male%3F, pubblicato il 7 agosto 2016, consultato il 16 agosto 2020.
[13]Le metropoli del post-gentrification: precariato, reddito universale e lotte di domani, Info Aut, https://www.infoaut.org/approfondimenti/le-metropoli-del-post-gentrification-precariato-reddito-universale-e-lotte-di-domani, pubblicato il 20 aprile 2020, consultato il 15 agosto 2020.
[14]E. Quadrelli, Territori subalterni, città globalizzate e autonomie. Per una critica partigiana dello spazio capitalistico, in Info Aut (a cura di), Per una critica della città globalizzata, pubblicato il 16 novembre 2018, consultato il 21 agosto 2020. Disponibile all’indirizzo: https://www.infoaut.org/images/bologna/Ebook/Per-una-critica-della-citt-globalizzata.pdf
[15]Info Aut Bologna, Op.Cit.
[16]Ibidem
[17]Ibidem